Il mio viaggio in Myanmar (ex Birmania): Lettera d’amore

26 Aprile 2020
viaggio in Myanmar

Sono appena tornata a casa dal mio viaggio in Myanmar con una dolce nostalgia in corpo.

 

Ho come le farfalle nello stomaco. Apro la valigia e ogni indumento, ogni più piccolo oggetto che prendo in mano, mi rimanda a questa terra, come se ogni cosa racchiusa dentro la zip dello zaino fosse un regalo per me inviato dal Myanmar.

Il Myanmar è stato un viaggio tanto desiderato quanto atteso, come quando stai fremendo per andare ad un appuntamento con una persona che sai già di amare profondamente.

Perché di amore si tratta. Un amore intenso e delicato, straziante e benevolo, romantico e rude. Indimenticabile. D’altri tempi.

Ed è per questo che ho deciso di scrivere i miei pensieri di questo viaggio in Myanmar in una lettera d’amore.

 

viaggio in Myanmar

 

 

Caro Myanmar

 

Ci siamo lasciati a Yangon con la nostra ultima cena romantica ai piedi della Shwedagon Paya, circondati da quello scintillio dorato che tengo ancora stretto nei miei ricordi.

Eppure, il nostro viaggio insieme, Myanmar, è iniziato a Mandalay, dove mi hai davvero disorientata e colto impreparata.

Ero smarrita nel vederti così particolare. Di Occidentale in te non c’era proprio niente, Myanmar, non uno Sturbucks, tanto per cominciare. Sei come sospeso nel tempo, su una linea temporale dove convivono auto e aratri trainati da buoi, computer e fusi per filare la seta a mano. Sulle tue terre, ho visto con i miei occhi la tua arretratezza, determinata dal dominio brutale di burocrati e militari che hanno cercato di strapparti anche la tua identità, cambiando il tuo nome da “Birmania” a “Myanmar” – che solo di recente è stato legittimato anche da Aung San Suu Kyi.

 

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Eppure, ora emani una grande dignità, tipica di un popolo forte, profondamente umile, gentile e religioso.

Hai un fascino, Myanmar, che è difficile da descrivere.

Sei una fusione di Oriente, un insieme di etnie e religioni le cui origini si amalgamano con le terre confinanti di Cina, Thailandia, Bangladesh, India e Laos. In ogni nuova tappa di questo viaggio, mi hai mostrato qualcosa di diverso e in più di te. E mi sono sentita impreparata, nonostante pensassi di sapere tutto. Ma, si sa, dell’amore, non si capisce mai niente, e tu me ne hai data un’ulteriore conferma.

 

Tu, Myanmar, hai delle caratteristiche che ti rendono un angolo di Mondo incomparabile con tutto ciò che avevo visto fino a quel momento.

 

Il mio primo ricordo è quel tramonto sulla collina alle spalle di Mandalay, circondata da monaci con la veste color porpora che girovagavano nella pagoda ricoperta di specchi.

Mi sono ritrovata a inseguirli, camminando a piedi nudi, con un passo felpato dopo l’altro, per poi fermarmi ad osservare te, Myanmar, a scrutarti e analizzare ogni dettaglio che mi volevi mostrare. Quei monaci continuavano ad avvicinarsi ai turisti per parlare con loro, a ridere e a scattarsi selfie con quella spettacolare luce rossastra. Il panorama dall’alto era impareggiabile, distese verdi e alture all’orizzonte circondate da un cielo pulito. E poi le monache donne, era la prima volta che le vedevo, stavano appartate e silenziose, sedute in ginocchio, avvolte dalle tuniche rosa acceso, con quel capo rasato chino verso il Buddha. Devo ammetterlo, ne erano affascinata.

Lì, sono entrata in sintonia con te, Myanmar.

 

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E poi, Myanmar, mi hai preso la mano per mostrarmi ogni tuo lato, dal più contraddittorio al più ammirabile, senza timore, timidezza o vergogna, anche se potevi ferirmi.

A cominciare dal tragitto verso Bagan a bordo di quel pulmino sgangherato e pieno di gente. Andavamo veloci, Myanmar, e facevamo uno slalom tra macchine, motorini, carri e persone, che quasi mi spaventava, ma dal finestrino sono riuscita comunque a cogliere la tua povertà e la sporcizia lungo la strada. Tutti quei cumoli di cartacce e bottiglie sparsi ad ogni angolo, i rottami con cui venivano costruite tende improvvisate per la gente senza casa, innumerevoli cani randagi, la polvere che saliva ad ogni nostra sgommata, così densa da farmi tossire.

 

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Mi sono disgustata nel vedere i denti rossi e quasi marci delle persone che masticavano orgogliosamente il betel, quel miscuglio di tabacco, spezie e calce che veniva poi sputacchiato per terra in ogni dove. E poi, i miei piedi. Sono diventati talmente neri a furia di camminare senza calze e scarpe che ho smesso di pulirli ad ogni ingresso di un tempio, perché tanto era un togli e metti scarpe senza fine.

Mi hai quasi fatto piangere, Myanmar, quando quel ragazzino si è avvicinato a me con gli occhi affranti.

Eravamo sempre a Bagan, su una piccola collina da cui guardare i templi e lui mi aveva rincorsa con i piedi ricoperti di terra rossastra, per vendermi un disegno “fatto da lui”, che poi si era dimostrato essere uguale a tutti quelli nelle bancarelle sottostanti. Il ragazzino si è seduto su un cumulo di mattoni ad osservare sospirando le punte delle pagode. L’ho guardato negli occhi, era rassegnato, mentre io ne ero profondamente sconfortata.

Perché Bagan è magica, se devo descriverla con una parola. Eppure, è fortemente abile nel perturbare la tua coscienza.

 

E tu, Myanmar, sei stato proprio così, una continua rivelazione che sbalordisce e poi confonde.

 

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Sei umile, Myanmar, tanto modesto, eppure sei così ossequioso e devoto con quella tua luce dorata, accecante da quanto è appassionata.

Le punte delle tue paya sono quasi tutte di oro massiccio e brillano sulle colline di Saigan. I tuoi luoghi di culto più importanti sono avvolti da un’aurea luminosa quasi palpabile per tutto quell’oro donato al Buddha, come la Shwedagon Paya, le Caves a Pindaya e la pagoda Kyaiktiyo nello Stato Mon.

Perché la tua devozione, la tua spiritualità, la tua venerazione, prevale su ogni cosa.

 

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Sei così contemplativo, Myanmar, da far sentire l’anima di chi mette piede sulla tua terra in armonia con tutto ciò che lo circonda.

 

È stato così non solo nei luoghi di pellegrinaggio, ma nella quotidianità vissuta insieme a te, da quando mi svegliavo con le prime luci dell’alba alla sera prima di coricarmi – sempre presto, perché non ti piace molto far festa.

Durante il giorno, quasi in ogni momento, quando mi fermavo ad osservare, intorno a me c’erano calma e pace. Come quando ci fermavamo ad ammirare qualche veduta, per cui ti ringrazio, Myanamr, sempre diverse l’una dall’altra che non stancavano mai gli occhi nel guardarle. Sarei rimasta lì ferma per ore. Le sagome che camminavano sull’U Bein Bridge, le mongolfiere che volavano lentamente sulla piana di Bagan, le campagne tinte a Pindaya, le alture che si specchiavano sul Lago Inle, la quiete sulla riva del fiume Irraddawy. Sono stati solo alcuni dei momenti scolpiti come quadri nella mia mente.

 

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E, infine, mi hai riempito di gioia nel farmi conoscere il tuo popolo birmano lungo il tragitto, fonte della tua più grande ricchezza.

Dagli scrupolosi artigiani alle tessitrici di seta, che mi hanno mostrato i loro lavori lasciandomi senza parole per la loro bravura. Dagli autisti ai barcaioli, dai monaci ai contadini, tutte quelle persone che mi hanno sorriso, che mi hanno mostrato come rivolgermi al Buddha, che mi hanno offerto una pietanza o un thè da bere insieme all’ombra delle verande o ai margini di una bancarella. Tutte quelle famiglie che orgogliose mi hanno chiesto una foto insieme, ringraziandomi. Tutte quelle donne con il volto decorato e protetto dalla tanaka, la polvere gialla con una miriade di proprietà benefiche, che emozionate si sono messe in posa per una fotografia per me. E infine tutti quei bambini che, pur colpendomi il cuore, alla fine mi hanno guarito con la loro semplice spontaneità.

 

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Ho ancora tanto e tanto da dirti del nostro appuntamento.

In questo viaggio, Myanmar, mi hai stordita, emozionata, abbracciata forte e fatto scendere lacrime salate. È stato davvero un amore intenso perché, essendo così diversi, continuavamo ad avvicinarci e ad allontanarci.

Ma, si sa, gli opposti in amore si attraggono. Per me, l’essere “uguale” è noia, mentre tu sei stato una costante e impetuosa scoperta per cui è stato impossibile perdere interesse nei tuoi confronti.

Questo viaggio insieme a te, Myanmar, mi ha profondamente colpita, perché, tu lo sai, è stato ciò di cui avevo bisogno in questo momento così particolare della mia vita, in cui necessitavo di un viaggio fisico ed interiore, faticoso e dissonante, che ridesse vigore alla mia anima da viaggiatrice.

Sei un paese ancora inviolato dalle impronte della globalizzazione, mostrandoti così tanto autentico quanto crudo nel rivelare i tuoi lati più distintivi. E questo ti rende un viaggio indelebile, un viaggio che si intreccia nella mente con una vivida indulgenza che non dimenticherò mai.

 

 

ကျေးဇူးတင်ပါတယ် (kyaayyjuutainparsai)

– Grazie Myanmar

 

 

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Un ringraziamento speciale a Gabriele, mio compagno di vita e di viaggi, giustamente ingelosito da questa mia lettera d’amore per il Myanmar.

 

 

 

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