Quando parliamo di bisogni degli esseri umani, parliamo dell’essenza della vita – Abraham Maslow
Ci sono momenti in cui sentiamo uno squilibrio tra la situazione attuale che stiamo vivendo e una situazione desiderata. Lì, in quel senso di inquietudine, nascono i bisogni che spingono e sostengono i nostri comportamenti, un dinamismo interiore che comunemente chiamiamo motivazione.
Partiamo con il soddisfare bisogni primari e fisiologici, come la fame, il dormire e la salute, per poi appagare quelli sociali e di appartenenza, come l’amicizia, la famiglia e l’intimità. All’ultimo gradino di quella che Maslow chiama Piramide dei bisogni, c’è l’autorealizzazione, quell’aspirazione individuale ad essere ciò che vogliamo e desideriamo diventare.
Molti dei nostri viaggi, o almeno una parte di essi, sono spinti da questa motivazione interiore che ci porta a vivere immaginate avventure, a desiderare il fremito della ricerca, a faticare per scoprire terre remote, a metterci alla prova con nuove esperienze, il tutto volto a ritrovare un equilibrio personale e interiore in noi stessi e con il Mondo.
E così è stato per me il Myanmar, in particolare l’ultima tappa, la maestosa Golden Rock che era anche il mio buon proposito. Ecco la motivazione in viaggio.
La Golden Rock è una roccia alta 20 metri, ricoperta di foglie d’oro, che sovrasta, in un equilibrio precario considerato miracoloso, la vallata sulla montagna Kyaiktiyo, nello Stato di Mon.
È una delle più importanti mete di pellegrinaggio buddhista, un luogo sacro e di culto che si raggiunge dopo una tortuosa strada di montagna che parte da Kinpun, dopo qualche chilometro a piedi in salita e infine dopo altri centinaia di metri a piedi scalzi. Un vero pellegrinaggio.
La leggenda narra che la roccia mantenga il suo equilibrio precario grazie ad un capello del Buddha. Oggi, migliaia di pellegrini si recano al suo cospetto da ogni angolo del paese in cerca di benevolenza. Uomini, donne e bambini, monaci e non, si ritrovano per accendere incensi, per donare fiori acqua e frutta; si concentrano in un dialogo spirituale e intonano preghiere dal tramonto all’alba, dormendo per terra, per poi scendere dalla montagna il mattino successivo. Gli uomini possono avvicinarsi alla roccia e toccarla per attaccare delle foglie d’oro sulla parete che, nel tempo, hanno reso la Golden Rock letteralmente un punto di riferimento cangiante in questa verde vallata.
Prima di partire per il Myanmar, provavo un senso di inquietudine interiore dopo una grande perdita, come se una parte di me, prima soffocata, avesse iniziato a gridare esortando un cambiamento. Avevo bisogno di una riflessione profonda, spirituale e fisica, in terre lontane, alla scoperta di nuovi modi di vivere che nutrissero e facessero emergere l’immagine che desideravo vedere di me.
La Golden Rock è stata l’ultima tappa di questo viaggio in Asia e il luogo che sognavo di visitare per realizzare quel bisogno che mi aveva spinto a partire.
Lele ed io siamo rimasti a dormire al cospetto della roccia per poter osservare la devozione e vivere quella spiritualità così tangibile che solo i luoghi di pellegrinaggio del Myanmar sono stati capaci di farci percepire.
Qui abbiamo assistito ad un tramonto prima e ad un’alba poi impagabili. L’atmosfera era sacra, contemplativa, dove ogni persona al cospetto di questa grande roccia ne faceva parte creando un’esperienza, anche per noi profani, indimenticabile.
Un’atmosfera sacra, letteralmente un balsamo per l’anima.
Lele ed io abbiamo preso da Yangon un’auto privata al prezzo di 125 euro. In 3 ore ci ha portati alla stazione dei trucks di Kinpun e ci ha aspettato il giorno seguente per riaccompagnarci nella capitale.
Da Kinpun si prende un truck che in circa mezz’ora risale il fianco della montagna in una tortuosa strada (così la discesa), al prezzo di 2000 kyat (circa 1,30 euro). I trucks partono solo quando sono completi e l’ultimo, sia per salire sia per scendere dalla montagna, è alle ore 18.00 per poter guidare con la luce del giorno.
Una volta arrivati, gli stranieri devono registrarsi all’ufficio turistico dove verrà consegnato un cartellino da tenere al collo (6.000 kyat, circa 4 euro).
Dopo circa un chilometro a piedi, si arriva all’ingresso della salita per il luogo di culto dove bisogna lasciare le scarpe e proseguire per altri centinaia di metri rimanendo scalzi.
Abbiamo soggiornato al cospetto della Golden Rock, in uno dei tre hotel riservati agli stranieri sulla montagna, il Kyaik Hto Hotel a 65 euro, colazione compresa.
Per spendere meno è possibile dormire a Kinpun e prendere il primo truck la mattina per le preghiere del crepuscolo.
Un ringraziamento speciale a Gabriele, mio compagno di vita e di avventure, che pazientemente mi ha seguita ed immortalata in questo viaggio.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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