“E comunque, il film Casablanca non è stato girato qui”
Guida turistica in mano, uno sguardo fuori dal finestrino e tre ore di viaggio. Il treno ci sembra il modo più poetico ed elegante per raggiungere Casablanca, la città moderna e all’avanguardia del Marocco.
Ma non è andata esattamente così. La descrizione della guida è un po’ caricaturale, abbiamo provato un retrogusto di delusione del girare per le strade di quella città. Eppure, quella giornata a Casablanca ha avuto una conclusione inaspettata che rimarrà, per me e Sara, indimenticabile.
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Al primo veloce sguardo, Casablanca, rinominata così prima dai coloni portoghesi e poi da quelli spagnoli, si mostra poliedrica e progressista.
I lavori di rinnovamento risalgono ai primi del Novecento, quando il protettorato francese decise di rendere Casablanca il centro commerciale e finanziario del paese. Iniziò così un’intensa ricostruzione urbana, tutt’oggi in atto, in cui venne reinventata la pianificazione stradale, creati eleganti edifici art decò, e collocate sedi di importanti banche internazionali e società hi-tech.
Di fronte a me a e a Sara c’è un nuovo lato di questo variegato paese magrebino, completamente diverso da Fès, Marrakech e Chefchaouen.
In realtà, quando ti inoltri per le sue strade, Casablanca si rivela caotica, trafficata e trasandata, tanto che, al primo incrocio pedonale, il nostro tassista, con inaspettata spavalderia, si mise in mezzo alla strada per bloccare le macchine sfreccianti e farci attraversare in sicurezza. Ecco, la pianificazione stradale ancora non è delle migliori, ma questo non ci ha impedito di esplorare la città.
Place des Nations Unies è il cuore della città, circondata da bar e ristoranti sotto i portici che si affacciano sulle mura della Medina. La piazza è vivace e ci saltano subito all’occhio le donne vestite in modo moderno, scegliendo quanto di sé mostrare, senza vergogna.
Da qui si snodano le più importanti arterie stradali da cui partire per visitare la città.
Prendendo Boulevard Mohamed V, ci si incammina fino al Mercato Centrale. Lungo la via, si osservano le facciate dei palazzi sono in stile art decò e moresco, un po’ grigiastre e decadenti, e un cinema che, orgogliosamente, mostra la locandina del film degli anni ‘40 “Casablanca” interpretato da Ingrig Bergman – anche se, come sappiamo, il film venne girato interamente a Hollywood.
Percorrendo Avenue Hassan II, si giunge a Place Mohamed V, il centro amministrativo e finanziario della città, fiancheggiato dalle fila di palme del Parc de la Ligue Arabe. Guadando in alto, salta subito all’occhio il pinnacolo neogotico e bianco candido della Cathèdrale Sacre-Coer, oggi importante centro culturale islamico.
L’Ancient Medina non è comparabile alle altre medine delle città del Marocco. È infatti così diversa, poco vissuta e vivace, è in stile coloniale e poco arabeggiante. Ci è apparsa come nostalgica, forse a causa delle attività commerciali che tutte intorno la stanno surclassando.
Fino a qui, Casablanca non ci aveva emozionate, anzi, forse un po’ deluse.
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Abbiamo preso un taxi lungo il Boulevard des Almohades e, in pochi minuti, abbiamo raggiunto una grande piazza che si affaccia sull’oceano Atlantico.
Lì, la Moschea Hassan II si mostrava con fierezza, con il suo minareto di 210 metri, il più alto al mondo, capace di accogliere, di fronte a sé, fino a 80.000 fedeli.
La moschea venne commissionata da Re Hassan II nel 1986, inaugurata dieci anni dopo, e fu costruita con materiali tanto resistenti da contrastare saldamente il forte vento oceanico e le scosse sismiche. Nel corso del tempo, la struttura è rimasta in costante manutenzione, monitorata e rinforzata.
La Moschea Hassan II è davvero bellissima, solenne e austera, che senza paura si erge sul promontorio e sconfina sopra l’Oceano Atlantico. Da fuori, i mosaici e le piastrelle verdi, il colore dell’Islam, contrastano con il bianco marmo della struttura.
I non-musulmani, possono accedere alla moschea solo con una visita guidata, quindi prendiamo un biglietto, ci togliamo le scarpe ed entriamo.
Superati quei portoni, veniamo avvolte da un assorto silenzio, uomini e donne pregano nelle aree a loro adibite, i nostri passi sono attutiti da grandi tappeti, le nostre ombre si allungano sulle colonne di marmo e granito, nell’aria c’è profumo di legno di cedro. L’enorme sala, che può ospitare fino a 22.000 fedeli, è illuminata da maestosi lampadari in vetro. Il soffitto e le arcate sono impreziosite da muqarnas, magnifiche decorazioni proprie dell’architettura islamica. Una zona laterale è caratterizzata da un pavimento in vetro, per vedere le onde sottostanti, e da un un tetto scorrevole, per pregare sotto le stelle.
La visita continua nei sotterranei, asettici e geometrici, dove sono presenti gli hammam e una sala per l’abluzione, il lavaggio rituale per purificare lo spirito prima della preghiera.
Una curiosità hi-tech: il minareto è provvisto di un raggio laser che punta la Mecca e i pavimenti sono riscaldati in inverno.
Torniamo in superficie, davvero soddisfatte, ma ignare che da lì a poco avremmo vissuto uno dei momenti più intensi di questo viaggio in Marocco.
Il sole stava calando rendendo la luce sempre più morbida, così, con la macchina fotografica in mano, decidiamo di gironzolare per la piazza e immortalare un’ultima volta quel sacro luogo, quando il richiamo del muezzin inizia a librarsi ai quattro venti catturando l’attenzione di ogni passante.
Noi comprese.
Il canto appassionato del muezzin era incantato, ammaliante, tanto da far percepire un rallentamento del tempo e dello spazio.
I fedeli che prima stavano chiacchierando, si abbracciano per mettersi in cerchio a pregare.
I bambini librano in cielo aquiloni colorati che, assieme alla mia sciarpa, iniziano a volteggiare delicatamente con la brezza del vento oceanico.
Per non essere invadenti, Sara ed io decidiamo così di sederci a terra per osservare e ascoltare quella liturgia, nutrendo un profondo rispetto e gratitudine di poterne far parte.
Rientrate in hotel, ceniamo accompagnate dal primo bicchiere di vino marocchino, per brindare a questa sorprendente giornata, prima di proseguire il viaggio con direzione Marrakech.
L’essenza di Casablanca per me è stata questa: un luogo di incontro tra la tradizione e la modernità, che accoglie, stranisce e ammalia lo straniero.
Bessalama (arrivederci) Casablanca
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Anche se d’impatto ci è sembrata trasandata, Casablanca ha un’atmosfera moderna e tollerante. Non abbiamo mai provato momenti di disagio o sconforto, anzi, abbiamo ricevuto solo ospitalità e supporto.
Nel post su come organizzare un viaggio in Marocco, sono segnate ulteriori indicazioni e consigli per un viaggio al femminile, come è stato quello mio e di Sara.
È molto semplice da girare a piedi per la linearità e l’ampiezza delle strade, bisogna solo stare attenti ad attraversare le strade trafficate. Per gli spostamenti più lunghi abbiamo usato i taxi, spesso sgangherati, rivelatisi molto economici.
I prezzi sono medio bassi con qualche sorpresa.
Ad esempio, ingenuamente abbiamo fatto colazione in uno dei bar sotto i portici di Place des Nations Unies dove il costo di caffè e brioche ha superato quello per l’ingresso alla Moschea.
La visita guidata alla Moschea Hassan II costa circa 10 euro. Gli orari sono esposti negli uffici all’ingresso della piazza dove è possibile comprare il biglietto. La visita dura circa un’ora.
Attenzione: il venerdì è giorno sacro per la preghiera, quindi non è accessibile ai turisti non-musulmani.
Abbiamo alloggiato presso l’Hotel Kenzi Basma, moderno ed elegante, a due passi da Place des Nations Unies. Il ristorante all’interno offre piatti deliziosi internazionali e permette di bere alcolici. Noi abbiamo scelto un vino proveniente da una casa vinicola marocchina. Delizioso.
Siamo arrivate in treno da Fès, una soluzione comoda, economica ed elegante per muoversi in questo paese. La stazione si trova all’interno della città.
Se arrivi direttamente dall’Italia, Casablanca è munita di un Aeroporto Internazionale, Casablanca-Muhammad V, situato a 30 km a sud dalla città.
È necessario un passaporto con validità di almeno 6 mesi e non serve il visto per soggiorni inferiori ai 3 mesi.
Un grazie speciale a Sara, mia splendida cugina e compagna di viaggio, complice di fotografie e silenzi rispettosi.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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