A Fès, io e Sara ci siamo perse, riperse e perse ancora, in quel dedalo contorto di novemila stradine fatiscenti e scure, senza nome, e travolgenti.
Fès è una città complicata e trasandata, dall’atmosfera medioevale, ma è anche una delle città marocchine più antiche e affascinanti, intrisa di influenze andaluse e moresche. Oggi si presenta come un vivace museo a cielo aperto, da oltre mille anni, sede della cultura e della conoscenza, ma anche di vita brulicante fatta di musica, bancarelle e artigianato.
Una tappa imperdibile in un viaggio in Marocco.
Ecco quali esperienze vivere per due giorni a Fès, la città marocchina più caotica che c’è – in fondo all’articolo, c’è anche un manuale di sopravvivenza.
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La Medina Fès el Bali – “la città vecchia di Fès” – è la più grande al Mondo e risale all’VIII secolo, Patrimonio UNESCO dal 1983.
L’atmosfera che si respira al suo interno sembra sospesa nel tempo, è come se quei mille anni non fossero mai passati, rimanendo una zona pedonale, senza motorini e macchine, ma solo vecchi carretti, muli, gatti randagi e un incessante via vai di persone.
Si accede attraverso una delle sue porte – bâb -, erette ai margini delle mura, ai quattro punti cardinali. I luoghi più iconici della Medina di Fès si sviluppano sulle due strade principali, Talaa Kebira e Talaa Sghira, una a destra e una a sinistra entrando da Bâb Boujeloud, la porta ovest detta “la porta blu”. In mezzo a queste due strade, c’è quello smarrimento, eccitante e frenetico, che solo questa Medina sa dare.
La verità è che ti sconforterai nel non capire la direzione, passerai e ripasserai dalle stesse strade, ti innervosirai e poi riderai istericamente nell’interagire e nello scansarti per strada.
Perdersi in questo antico labirinto è l’attività più intrigante, stordente e memorabile che si possa fare a Fès – oltre ad essere inevitabile -, con i suoi cortili raccolti, le sue frenetiche botteghe, quelle variopinte bancarelle di frutta, carne, ceramiche, stoffe, pellame. E spezie con odori acri e pungenti, polvere, caos, il ritmo della musica arabo-andalusa e il silenzio dei vicoli periferici.
Impossibile uscirne illesi.
È snervante districarsi nel caos della Medina tanto che, ad un certo punto, avrai bisogno di una pausa e l’istinto ti spingerà alla ricerca di un rifugio in alto, che ti tenga distante nel tempo e nello spazio.
Passerai mille volte da Place Seffarine, così folkloristica e vivace, dove c’è una terrazza sul tetto di un edificio, lì ad aspettarti.
Sali le scale del Restaurant Seffarine e fermati a sorseggiare del tè, mangiare cous cous, riprendere fiato e ad osservare dall’alto con rinnovata estasi quell’ingarbugliato via vai.
Sara ed io, una volta rigenerate, eravamo pronte a re-immergerci nella Medina per raggiungere una delle zone più particolari della città, le concerie.
La quiete nel caos.
Il quartiere delle concerie è uno dei più iconici e antichi della città, un luogo dove poter ammirare da vicino una tradizione tramandata dal Medioevo.
È difficile reggere all’odore caustico delle misture e delle pelli stese ad asciugare, ma un rametto di menta, gentilmente offerto dai negozianti, sarà la soluzione.
La conceria Chawara, la più bella di Fès, è possibile vederla solo dall’alto.
Da Place Serrafine, incamminati su Rue Chouara. La strada sembra anonima e senza uscita, io e Sara siamo tornate indietro un paio di volte per poi riprendere coraggio e andare in fondo alla via. Proprio lì, ci sono i negozi di pellame i cui terrazzi si affacciano sulle vasche variopinte.
L’ingresso è gratuito, con rametto di menta annesso, ma è gradita un’offerta – o una spesa.
Fragranze indimenticabili, altro che spezie.
Fès è sede dell’università più antica del Mondo, la Medersa e Moschea Kairaouine, che, nel IX secolo, rese la città il cuore culturale, educativo e scientifico del Marocco. Oggi l’università è ancora attiva e ospita un centro di studi islamici tra i più importanti al Mondo.
Il termine “madrasa”, o “medersa” in magrebino, definisce gli istituti di istruzione media e superiore per le scienze giuridico-religiose islamiche. Gli edifici sono composti da un cortile interno circondato da piccole celle d’abitazione in cui far alloggiare gli studenti ed è presente una moschea o un minareto per la preghiera, dove ai non-musulmani non è possibile accedere.
Una delle strutture più affascinanti, riemersa da un recente restauro, è quella della Medersa Al Attarine, affianco alla Medersa e Moschea Kairaouine, dove il legno in cedro delle celle, il marmo bianco e le decorazioni andaluse lasciano meravigliati.
Sempre in zona, sono presenti altre mederse tra le più belle di Fès: Medersa Cherratine e Medersa Seffarine.
Un concentrato di sapere.
Disorientante e quasi senza speranza, io e Sara ci siamo ritrovate in un negozio di spezie dopo esserci passate davanti almeno cinque volte.
Il proprietario, Youssef, un uomo dal cuore grande, vedendoci visibilmente stremate, decise di mostrarci la cordialità e l’ospitalità di cui tanto avevamo bisogno aprendoci le porte di casa sua.
Abbiamo ascoltato l’istinto e non la nostra mente preoccupata.
Lì, una dolcissima Zaria, poco più di un anno, che ci guardava diffidente, e poi Mustafà e Mohammed, di 8 e 4 anni, tenerissimi con un vassoio di dolci fatti dalla madre e un tablet per riempirci di fotografie.
Dopo questo momento di calda condivisione, Youssef, ci accompagnò al riad dicendoci “la prossima volta che tornerete in Marocco, avrete già una casa ad aspettarvi”.
Sai, non ti sto consigliando di entrare in casa di uno sconosciuto, ma di ascoltare il cuore per sentire la vera accoglienza marocchina. Una generosità autentica che si presenta lì, tra momenti faticosi, consigli di furbi negozianti – come in ogni mercato nel Mondo – e pregiudizi “occidentali” che balzano in testa.
Aprire cuore e mente.
Arrivate al riad, siamo corse in terrazza per sederci in attesa dell’ultimo muezzin.
È un momento in cui la Medina si trasforma in un grande concerto, lasciando te, turista non musulmano, semplicemente incantato.
Uno spazio nel tempo per ritrovare la sintonia con questa caotica città, così urbanisticamente complessa, culturalmente ricca e religiosamente conservativa.
Shukran Fès (grazie)
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Anche se ci siamo perse, e abbiamo avuto reali momenti di sconforto, Fès si è dimostrata essere una città sicura e vivace di giorno e buia e silenziosa di notte. A posteriori, non dormiremmo all’interno della Medina proprio per l’assenza di vita notturna che un po’ ci ha intimidite.
Un consiglio è di non assecondare troppo le persone che insistono nel volerti aiutare per strada, solitamente intenzionate a mandarti in negozi gestiti da propri parenti facendoti perdere ulteriormente, ma sii tu a chiedere informazioni a negozianti o a ristoratori quando Googles maps si incepperà.
“La la la shukran” significa “no no no grazie”, non avere timore di dirlo.
Nel post su come organizzare un viaggio in Marocco, sono segnate ulteriori indicazioni e consigli per un viaggio al femminile, come è stato quello mio e di Sara.
Nonostante una mappa in mano, solo chi vive a Fès sa orientarsi nella sua medina. Perdersi è d’obbligo e inevitabile – compreso Google Maps -, ma è di aiuto mantenere dei “macropunti” di riferimento per orientarsi. Non avendo preso una sim locale, all’occorrente io e Sara ci fermavamo nei bar con wifi gratuito per interrogarci sulla strada e sorseggiare una spremuta d’arancia.
L’unica soluzione è chiedere o girare con una guida esperta che è possibile domandare direttamente al proprio alloggio. Sappi che a Marrakech è stato più semplice e non ci siamo mai perse.
Abbiamo alloggiato presso il Riad Dar Tafilalet, grazioso, pulito e in una zona poco caotica vicino a Bâb Boujeloud. La colazione è eccellente ed è presente un ristorante molto buono per la cena. Qui abbiamo prenotato una visita in giornata alla città blu e non ringrazieremo mai abbastanza l’autista per la sua pazienza e gentilezza.
Siamo atterrate presso l’Aeroporto Internazionale di Fès-Saïss, a 15 km a sud di Fès.
È necessario un passaporto con validità di almeno 6 mesi e non serve il visto per soggiorni inferiori ai 3 mesi.
Un grazie speciale a Sara, mia compagna di viaggio e splendida cugina, che si è persa assieme a me tra mille risate – isteriche.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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