“Viaggiare è bellissimo e ti arricchisce”
E’ la tipica frase fatta che una persona che ama viaggiare risponde a chi gli chiede il perchè lo faccia: ti apre l’anima, ti confronti con le culture, superi i tuoi limiti, scopri le meraviglie del mondo, eccetera eccetera.
Però ammettiamolo, prima di giungere ad un tale grado di comprensione di sé e del senso della vita, quanta fatica dobbiamo sopportare? E soprattutto, le persone che conosci – tu compreso – tornano sempre così sagge dopo un giro all’altro capo del mondo?
C’è una parte dell’arte del viaggiare che viene poco raccontata, considerata scomoda, negativa, da nascondere, ma che credo sia anche la parte più vera ed intensa: l’imprevisto. L’indesiderato.
Parlo di quando ci scontriamo con imprevisti, di quando le nostre certezze sono messe in discussione dall’ineluttabile azione del Caos, di quando restiamo esterrefatti dalle situazioni davanti ai nostri occhi.
“La rabbia mi fa bene” – Alda Merini (Poetessa)
Lo volevo energicamente e di energie me ne ha richieste tante. Nonostante sia appunto comunemente definita come “la terra dei sorrisi”, ricordo innumerevoli cause di irritazione:
Solitamente, prima di partire, veniamo avvertiti su come fare la valigia, di stare attenti ai malintenzionati, quante medicine portare, l’assicurazione, le accortezze sull’acqua e sul cibo.
Ma nessuno ci dice che in valigia dobbiamo lasciare lo spazio per riportare a casa i risultati delle nostre delusioni, dei momenti imbarazzanti, delle sfide che abbiamo dovuto superare e delle frustrazioni accumulate.
In questo articolo, non mi riferisco alle esplosioni di rabbia – che meriterebbero tutto un altro discorso – ma alle frustrazioni che, in un viaggio, incorrono necessariamente e che ci ritroviamo a dover gestire.
Pensiamo agli imprevisti, ai cambi di orario, allo stress di comunicare in un’altra lingua, alle nostre richieste che non vengono ascoltate, alle figuracce, ai controlli spesso faticosi e alle incomprensioni con il nostro o i nostri compagni di viaggio.
Quanta fatica nel non rovinare la giornata? Come non deturpare il ricordo che avremo di quel luogo una volta tornati a casa?
La rabbia è un’emozione “negativa”, che proviamo di fronte ad un’ingiustizia. Digrignamo i denti, diventiamo rossi paonazzi e stringiamo i pugni perché matura in noi una spinta, una propulsione ad attaccare. E’ un’emozione primordiale, l’emozione che ci difende.
Proprio per questo, la rabbia non è poi così negativa perchè la spinta energica che ci infonde può essere veicolata in reazioni più costruttive, creative, funzionali e di crescita.
“In mezzo a qualsiasi difficoltà, si trova un’opportunità”– Albert Einstein (fisico)
Uno dei modi migliori ed efficaci per gestire la rabbia in situazioni concrete è usare il Problem solving che consiste nello spostare la propria attenzione dalle cause alle soluzioni alternative. Sforzarsi a vedere un problema da altre angolazioni individuando possibili altri rimedi, aiuta a ridurre la percezione di rabbia negativa e ad aumentare il senso di autoefficacia, rivelandoti informazioni sul luogo – e su di te – che forse prima ignoravi.
Ricordo l’eccitazione di essere lì, con quell’aria afosa e umidiccia che si attaccava alla pelle e ai vestiti, il profumo di curry che mi riempiva le narici e quell’elettrico senso di smarrimento nel guardare le insegne di cui non riuscivo a decifrare una lettera.
Ero felice e mio fratello con me, al mio fianco in questa avventura.
Organizziamo il programma del giorno tra la miriade di templi e passeggiate possibili, e prendiamo la prima decisione: salire su un tuk-tuk e accettare che ci porti in giro.
Quel giorno abbiamo scoperto il traffico congestionato – pensando di morire ad ogni incrocio – la relatività degli orari e la difficoltà a comunicare al telefono con un thailandese che, in teoria, avrebbe dovuto a sua volta spiegare al nostro tassista dove volevamo andare.
Io e mio fratello abbiamo presto capito che non avremmo rispettato nessuno dei piani precedentemente congegnati. Invece di saltare da un taxi ad un bus, da un luogo all’altro, abbiamo dovuto camminare chilometri e chilometri per tornare in albergo e ci siamo dovuti trattenere nel non insultare qualcuno – sempre il taxi – con il rischio di venire arrestati.
La Thailandia è stata estenuante e snervante.
Ed ora ci tornerei più forte di prima
Senza questi imprevisti, queste sfide, queste frustrazioni, non avremmo mai visto la nostra prima iguana camminare sul marciapiede di fianco ai nostri piedi. Ci saremmo persi i templi meno celebri di Bangkok nella pace totale lontani dai turisti. Non avremmo provato tanto compiacimento in un massaggio ai piedi ricevuto lungo il cammino nei pressi del nostro hotel a Khao San Road. Non avremmo mai avuto la più surreale conversazione al telefono (vedi sopra) che ancora oggi, a ripensarci, ci fa ridere a crepa pelle.
Abbiamo poi imparato dal traffico che possiamo guidare con il sorriso anche a casa, senza il bisogno di insultare qualcuno e agitarci con il clacson. Il ritardo cronico, invece, ci ha insegnato che possiamo rallentare anche nella vita quotidiana, perché la maggior parte delle volte, non succede niente.
Avere una strategia per affrontare i problemi tipici di un viaggio, ci aiuta non solo a ridurre il nervosismo ma anche ad utilizzarlo in modo funzionale. Siamo più flessibili di quanto pensiamo e siamo capaci di affrontare e risolvere situazioni critiche e conflittuali.
Uscendo da casa, dalle nostre abitudini e dalla nostra normalità, inevitabilmente accettiamo una sfida con noi stessi. Ogni viaggio diventa occasione di cambiamento, di confronto e di apprendimento, se riusciamo in modo critico a vedere i suoi insegnamenti.
Quindi, sì, è vero, ogni viaggio può essere occasione di crescita personale, ci arricchisce, ci migliora, ma solo se i risultati di questi insegnamenti li ripieghiamo e li mettiamo nella nostra valigia al rientro per portarli a casa.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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