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Arabia Saudita svelata: dal velo alla libertà personale

arabia saudita

Era la prima parola che mi veniva in mente pensando all’Arabia Saudita.  Associavo il paese al deserto, il Quarto Vuoto, uno dei più grandi deserti al mondo, e alle controverse politiche e violazioni dei diritti umani.

Aridità.

Se non ci sono acqua e libertà, non può esserci la vita.  Cosa potrei aspettarmi da un paese così? Eppure, mi sono sempre detta che la conoscenza di un paese non può limitarsi a ciò che osservo in tv, che un popolo non è associabile alle politiche di chi lo governa. 

Indice dei contenuti

  • Chi sono io per poter giudicare un paese, se non lo vivo in prima persona?
  • Ecco alcune riflessioni che ho riportato a casa dal mio viaggio in Arabia Saudita 
  • Arabia Saudita: riflessioni di viaggio

Chi sono io per poter giudicare un paese, se non lo vivo in prima persona?

Ho risposto a questa domanda viaggiando in Cina, in Messico, in Myanmar, in Marocco e in Sabah. Zone di mondo spesso mal viste dai notiziari, intorno a cui aleggiano giudizi superficiali, stereotipi, fraintendimenti e, troppo spesso, ignoranza, che, invece, si sono dimostrati essere custodi di una inestimabile bellezza umana, culturale e naturalistica. Questi viaggi sono stati importanti e rivelatori, necessari per conoscere il mondo in tutta la sua molteplice unicità.

L’Arabia Saudita ha iniziato a svelarsi al mondo solo nel 2019, permettendo ai turisti non musulmani di accedere e varcare le sue ermetiche porte. Non volevo perdere questa occasione.

Ho prenotato un volo per Riyadh, lasciando a casa quel bagaglio pesante di pregiudizi, domande e preoccupazioni sul diverso che aleggiavano intorno a me, e sono partita con l’intento di avvicinarmi e di accettare quella complessità.

Ecco alcune riflessioni che ho riportato a casa dal mio viaggio in Arabia Saudita 

Arabia Saudita riflessioni di viaggio

Arabia Saudita riflessioni di viaggio

Arabia Saudita: riflessioni di viaggio

È l’insegnamento più importante che, come donna e viaggiatrice, ho messo nel bagaglio al rientro a casa dal mio viaggio a Riyadh.

L’atto di svelarsi, inteso come la decisione di mostrare la propria identità, è un tema profondo e complesso in Arabia Saudita, un paese con tradizioni culturali e religiose fortemente radicate.

Basti pensare alla pratica dell’hijab, il velo che copre il capo, e il niqab, l’abito nero lungo che mostra solo lo sguardo, che storicamente hanno fatto parte integrante della cultura saudita riflettendo la tradizione conservatrice dei valori religiosi.

Sono recenti le iniziative e le riforme che accompagnano il paese nello svelarsi al mondo moderno che lo circonda

È il 2016 quando viene lanciato il progetto “Vision 2030” dal re Mohammed bin Salman Al Saud, un insieme di riforme con l’intento di diversificare l’economia, ridurre la dipendenza dal petrolio e introdurre cambiamenti sociali, inclusa una maggiore partecipazione delle donne nella società. Le donne.

È qui che lo svelamento assume tutto un altro significato

Le nuove riforme saudite hanno tolto l’obbligo alle donne di indossare il niqab, nonostante molte di loro ancora oggi scelgano di indossarlo. Ho visto donne con al capo l’hijab, lasciando intravedere qualche ciocca di capelli, abbinato a un abito lungo colorato, l’abaya, in netto contrasto con la tradizione.

E che colori meravigliosi, quante sfumature ho potuto osservare al di là del nero.

 

“Svelarsi” non è solo una questione di abbigliamento, è un’azione che riguarda anche un’emancipazione mentale e l’identità di una persona. Parlo di libertà, diritti, religione, cultura, ruolo e genere.

I miei occhi hanno visto una scintilla di leggerezza e di libera scelta tra le fessure di quegli abiti informi e pesanti.

Infatti, mentre alcune nazioni conservatrici ostacolano la possibilità alle bambine di avere un’educazione, Riyadh è sede della più grande università femminile araba al mondo, la Princess Nourah Bint Abdulrahman University.

Le donne in Arabia Saudita stanno assumendo ruoli più attivi nella società, partecipano al mondo del lavoro, proseguono l’istruzione superiore e contribuiscono allo sviluppo del paese.

Le donne oggi possono studiare, lavorare e guidare.

Un tassista mi ha raccontato che la vita saudita si svolge in strada. Le grandi distanze “obbligano” ogni famiglia a possedere almeno tre macchine: una per il marito, una per il deserto e una per la moglie. Ho visto donne al volante, andare in giro da sole e con le amiche, ridendo, curiosando tra le vetrine e chiacchierare.

Ed è così che l’atto di svelarsi diventa un atto simbolico di un cambiamento più profondo verso una società più inclusiva e progressista.

Eppure, nonostante i miglioramenti avvenuti in questi ultimi anni, la tutela della donna resta ancora molto radicata nelle pratiche e nei costumi della società, regolata da sempre da leggi antiche, soprattutto nelle zone più remote e rurali. Anche in città, mi è capitato di incontrare donne che non venivano mai perse di vista o lasciate sole, che stavano silenziose dietro ai mariti e prendevano cura dei figli dietro a una tenda. È stata proprio una madre che, al Najd Village, mi ha vietato di fare una foto alla sua famiglia, nonostante l’assenso del marito. Ed è stata sempre quella madre che, per dirmi di no, ha mandato un’altra persona a parlarmi.

Questo cambiamento di apertura è in ancora in corso e suscita sentimenti e opinioni contrastanti all’interno della società stessa. C‘è chi vede questi cambiamenti come una forma di progresso e di libertà personale, e chi li vive come un disequilibrio e un affronto alle proprie tradizioni tramandate e radicate nelle ossa.  

L’educazione, le abitudini e i modi di pensare appresi nei secoli, sono granitici

Non so quanto, di questa nuova visione, sia condivisa e tollerata in altre zone del paese, però so che, per interiorizzare e far propria una nuova riforma, ci vogliono tempo e impegno.

Un impegno che ho toccato con mano, quando, a Ad-Diriyah, due guide turistiche si sono scusate con me vedendomi delusa per la visita. Purtroppo si erano appena concluse delle iniziative culturali lette sul sito, che non era stato correttamente aggiornato. Di fronte a questa “mancanza”, quelle guide erano amareggiate per me, come “in dovere” di recuperare. Così mi hanno chiesto il numero di telefono per poterci confrontare su cosa migliorerei e su cosa vorrei vedere la prossima volta. E ci siamo scambiate una serie di messaggi.

Un invito a dare un’altra possibilità al loro amato paese.

Queste delicate attenzioni e gesti gentili, mi raccontano di persone, accoglienti e riservate, che sono intenzionate e desiderose di mostrarsi, al di là delle differenze culturali; tuttavia, il loro impegno è commisurato alle risorse che hanno a disposizione, alle conoscenze che possiedono e ai limiti che hanno di fronte.

arabia saudita

Arabia Saudita riflessioni in viaggio – una foto che porto sempre con me

Questa nazione “svelata” è una narrativa ancora in evoluzione, un cambiamento sociale di un popolo che ho percepito fiducioso e timido nel ridefinire la propria identità.  

L’Arabia Saudita è un paese che sta smussando le proprie complessità per farsi abbracciare, aprendo le sue strade per lasciarsi trovare, alzando quel velo conservatore per non essere più oscuro.Perché ciò che non si vede, e che non si conosce, fa davvero una grande paura.  

E Noi (occidentali), purtroppo, lo sappiamo bene e, troppo spesso, abbiamo usato il bianco e nero per semplificare la complessità di ciò che non comprendiamo e ignoriamo.

Questo viaggio ha aiutato la mia mente a riempirsi di nuove e belle idee, a creare un’immagine colorata di un paese percepito come monocromatico. Un viaggio che mi ha fatto scoprire nuovamente il valore prezioso della vita e della libertà celate sotto a un velo di diversità.

Tornerò presto Saudi.

Shukran (grazie)

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