Questa non è paura di viaggiare, è paura del diverso, di ciò che non si conosce.
“Non vado lì perchè non c’è igiene”
“Lì non sanno cosa significa il rispetto”
“Quelle persone sono pazze, non vado da loro”
“Non mi viene neanche in mente di andare lì”
Non sto parlando di paura di viaggiare, ma di paura della diversità, di quando l’Altro viene percepito come un pericolo senza conoscerlo.
Questo avviene quando osserviamo e valutiamo il mondo con pregiudizi e stereotipi, risorse cognitive che usiamo implicitamente per semplificare la complessità che ci circonda e per fare previsioni immediate nei contesti di incertezza.
Sono pensieri, valutazioni e opinioni generiche sugli altri, che difficilmente vengono messe in dubbio, nonostante si basino sul presupporre di sapere qualcosa che, in realtà, ancora non si conosce.
È questo è terribilmente assurdo.
Osservando il mondo da casa, aumentiamo la distanza, intensifichiamo la paura, e l’incontro con la diversità si trasforma in uno scontro tra “Noi e l’Altro” invece di essere uno scambio reciproco.
In questi casi, la persona non si pone il problema di viaggiare in luoghi dove pensa di poter trovare quella diversità. Andrà più facilmente in luoghi familiari, più vicini per cultura, linguaggio e modo di pensare.
Purtroppo uno dei pregiudizi più gravi e forti rispetto alla diversità, è il razzismo.
Il concetto di “altro” è stato associato alla discriminazione razziale in modi diversi nel corso del tempo, cambiando forma e basandosi su criteri differenti a seconda del contesto storico, politico o geografico. Occidente e Oriente, bianchi e neri, cattolici e islamici, autoctoni e immigrati, lombardi e terroni, indiani e cowboy.
Cambia forma nel tempo, ma il razzismo ha sempre lo stesso minimo comune denominatore: l’incontro con la diversità si trasforma in uno scontro e l’altro viene considerato inferiore.
Spesso percepiamo il diverso come sconosciuto o poco familiare, il ché suscita timori e genera un mix di emozioni e sentimenti negativi come l’ansia e l’insicurezza, dovuti alla messa in discussione della nostra identità (la bassa autostima si enfatizza davanti al diverso). Inoltre, il bisogno di appartenenza a un gruppo può portare a identificare “il diverso” come “estraneo”, un meccanismo che serve a rafforzare la nostra appartenenza e il nostro ruolo nel gruppo.
Come si arriva a costruire la discriminazione e, di conseguenza, l’odio per l’altro?
La verità è che nessuno nasce razzista e nessuno lo diventa da solo.
Quando l’altro diventa una minaccia, devo imparare a chiedermi cosa sto osservando, come vedo il mondo.
Spesso sono i proprio i miei occhi che cercano pericoli, sono i miei pensieri che attribuiscono intenzioni malevoli a ciò che ho davanti, sono i miei comportamenti che reagiscono a una minaccia che proviene da dentro di me.
Viaggiare mi ha dato la possibilità di sperimentare cosa significa essere “il diverso”, lo straniero nella terra di qualcun altro, e di rendermi conto che quella distanza, e quel pericolo, era solo nella mia mente.
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Nei miei viaggi, ho cercato di mostrare quanto la paura sia solo negli occhi di chi guarda il mondo, nell’atteggiamento con cui sceglie di approcciarsi alla diversità.
Incontrando persone dalle sembianze diverse, ho avuto la prova di quanta umanità, gentilezza, disponibilità, siano presenti nel mondo.
Siamo diversi fuori, ma esseri umani dentro
Così è stato in Cina dove sono stata accolta con sorrisi curiosi, ritrovandomi a posare per innumerevoli fotografie di famiglia.
E in Arabia Saudita, dove le persone si sono prodigate per assicurarsi che stessi bene, ogni volta che non mostravo un assenso.
È in Marocco dove sono stata invitata da una dolce famiglia per bere un thè casalingo e scoprire la vera ospitalità di questo paese.
E in Borneo, dove i tanti problemi sociali e ambientali, bene visibili sotto ai miei occhi, sono stati addolciti dalle parole “sama sama” che significa “benvenuta”, ogni volta che incrociavo uno sguardo.
Tutti paesi così lontani, dal punto di vista geografico e culturale, che non possono essere conosciuti restando seduti a casa. Luoghi nel mondo così mal visti e mal giudicati, da cui sono, invece, tornata sentendomi ancora più parte del mondo.
Viaggiare è il modo migliore che conosco per vivere, scoprire e comprendere il Mondo.
Il mondo è diverso da come spesso viene raccontato.
Troviamo il coraggio di uscire dalla nostra testa, di correre il rischio di dubitare, di non avere ragione, di cambiare la nostra opinione.
Non fermiamoci a ciò che presumiamo di sapere, ma diamoci la possibilità di fare esperienza con mano, di vedere con i nostri occhi, di ascoltare altri punti di vista, per svelare quanto la diversità sia una grande fonte di ricchezza e opportunità di sapere.
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Per approfondire la riflessione sulla paura della diversità, ti rimando alla registrazione della diretta Instagram assieme alla giornalista siriana Teresa Potenza.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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