Sono tornata dal Sabah, una regione del Borneo Malese, con una consapevolezza sul mondo che mai mi sarei aspettata di ottenere da un unico viaggio.
Questo post nasce dalla mia esigenza di testimoniare una realtà fragile e resiliente, sempre filtrata dai miei occhi, ma toccata con mano, e di promuovere un comportamento più sostenibile, responsabile e buone pratiche.
Voglio così raccontarti i tre aspetti critici di un Borneo da salvare e darti alcuni suggerimenti per poter fare anche tu la differenza.
Vidi le prime immagini del Borneo in un documentario in tv tanti anni fa. Ricordo che cercai sulla mappa dove fosse questo angolo di terra così unico e raro e sospirando, senza rendermene conto, dissi a me stessa “un giorno sarò lì”.
Dopo anni di attesa, moltiplicati per la pandemia, dopo un volo intercontinentale di 16 ore e un altro di tre, eccomi finalmente poggiare i piedi su questa preziosa terra. Semplicemente grata.
Ho passato in Sabah 12 giorni, percorrendo strade sterrate e asfaltate, navigando su fiumi e per mari, camminando nella fitta foresta e su sabbia soffice. Ho visto con con i miei occhi animali e vegetazione di rara bellezza ma in via d’estinzione, e incontrato persone, che mai dimenticherò, che mi hanno fatto commuovere e riflettere.
Ecco i tre aspetti critici che ci tengo a mostrarti.
La Natura nel Borneo è un patrimonio inestimabile e con una forte auto-conservazione, ma è anche molto fragile e in pericolo, e, il suo peggiore nemico siamo proprio noi, l’essere umano.
L’invasione massiccia di piantagioni di palme ha costretto gli animali a rifugiarsi lungo la restante striscia di foresta vicino al fiume. È una realtà che si sta diffondendo in tutta l’isola, sia nel Borneo malese sia in quello indonesiano, causando gravissimi problemi all’ecosistema e provocando una devastazione sia ambientale – distruggendo la foresta pluviale spesso con incendi – sia sociale – impoverendo e sradicando etnie e popolazioni locali dalle loro terre.
Molti animali, come l’orango e la scimmia nasica, sono protetti e riabilitati in centri appositi che li salvano da bracconaggio e deforestazione.
A questo si aggiunge un grave impatto sul cambiamento climatico e il surriscaldamento: le piantagioni prendono il posto della foresta, uno dei polmoni verdi della nostra Terra, aumentando il rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera.
Nell’immaginario mio e di Lele, andare in Borneo significava essere circondati e incontrare animali nel loro habitat. Questo non è praticamente più possibile. L’unico luogo, ad esempio, dove abbiamo visto gli oranghi è stato proprio al centro di riabilitazione, purtroppo non abbiamo avuto la fortuna di vederli girare liberamente in altre zone della foresta.
Girando per le strade del Borneo e, soprattutto, arrivando al mare, non si può non notare la presenza massiccia di spazzatura. Tanta e indifferenziata spazzatura, sparsa ai margini della foresta, ad ogni luogo di sosta, e in mare.
Il culmine di immondizia è al porto di Semporna, dove l’accesso al mare è segnalato da una montagna di rifiuti di ogni genere, che si disperdono in acqua. Qui le persone, estremamente povere, vanno in cerca di qualcosa per sostentarsi o di oggetti da vendere a turisti e a locali, come grandi conchiglie e oggetti metallici.
La plastica si riversa in acqua contaminando e mettendo a rischio la biodiversità marina.
È uno strazio al cuore.
Purtroppo è un’incuria del bene comune ben visibile agli occhi, una mancanza di conoscenza sulla sostenibilità che rende molti luoghi paradisiaci gravemente degradati. Come Mantabuan Island, una minuscola isola disabitata, dove ci siamo fermati a pranzo circondati da rifiuti abbandonati da turisti passati.
Nelle acque di Semporna vive un gruppo etnico, i Bajau Laut, gli zingari del mare. L’incontro con questo gruppo merita un post separato e approfondito, ma qui ci tengo a segnalarti l’elemento critico che incontrerai: l’apolidia.
La condizione di apolidia è l’assenza di una cittadinanza e non dipende da una scelta o dalla volontà dei singoli, ma da specifiche ragioni. E’ una condizione che può:
È una condizione che purtroppo riguarda circa 10 milioni di persone nel Mondo, solo in Italia parliamo di quasi 15.000 persone a rischio di apolidia (fonte: UNCHR).
I Bajau Laut vivono come gitani su barche in mezzo al mare da generazioni, perchè non possono sbarcare a terra o verrebbero arrestate. Sono apolidi, “senza città”, adulti e bambini, senza una patria, una casa, e dei diritti, intrappolati al margine della società e invisibili agli occhi internazionali.
Il Borneo è una terra da salvare, quindi impegniamoci a salvarla. È l’essere umano ad aver creato questo disequilibrio sulla Terra, sfruttando ogni risorsa possibile naturale con comportamenti e atti irresponsabili, sconsiderati e incoscienti in passato. Ma sul presente possiamo ancora agire noi.
Dopo quello che ho visto, ecco il mio modesto parere con alcuni suggerimenti per promuovere una buona pratica e un atteggiamento più nobile e sostenibile, durante un viaggio in Borneo e a casa:
1) Non essere indifferenti e fare una divulgazione sincera di queste realtà così critiche e problematiche.
2) Accertarci che i prodotti che compriamo a casa derivino da un’azienda che coltiva olio di palma sostenibile rispettando i criteri RSPO+. Purtroppo, l’etichetta “senza olio di palma” non è sempre indicatore di sostenibilità.
3) Visitare i centri di riabilitazione in Borneo, sono luoghi che salvano questa regione. Il ricavato serve per portare avanti il recupero e la cura degli animali orfani con lo scopo di lasciarli di nuovo liberi in aree protette della foresta, ma hanno anche uno scopo educativo rivolto all’uomo.
4) Non lasciare i rifiuti ma portiamoli con noi in albergo, non comprare conchiglie giganti (bellissime ma illegali) e raccogliere in acqua, dove possibile, le bottiglie che galleggiano. Sembrerà banale, ma studi psicologici sul comportamento umano mostrano come, nel degrado, sia più facile sentirsi meno responsabili dello stato dell’ambiente circostante, ma anche meno inclini a riconoscere l’inquinamento se non si vede. Promuoviamo, ovunque nel mondo, un comportamento consapevole, sostenibile e di cura.
5) Non avere paura di vedere anche il “brutto” e le criticità di un luogo per promuovere un pensiero consapevole, critico e meno avvezzo di errori di pensiero che nutrono pregiudizi e comportamenti incoscienti.
Se amiamo, proteggiamo e curiamo la Terra, la Terra amerà proteggerà e curerà noi.
Ti sembrerà poco, ma sono i piccoli gesti, fatti da tanti, a fare la differenza.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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