Sta finendo il film sullo schermo, la musica dei titoli di coda si affievolisce, il nostro autobus si sta avvicinando alla fermata finale.
Fino a quel momento, lungo la strada c’è stata solo giungla, una verde, fitta, distesa di piante che prepotente si affaccia sulla strada. Un muro smeraldo chiuso a proteggere il proprio io più profondo, un microcosmo complesso e nascosto affinché nessuno ne violi la natura.
Fino a quel momento avevo visto il Messico delle cartoline, tutto mare, palme e tequila.
Piedi a terra e nell’aria profumo di carne alla brace e di polvere.
Valladolid è un piccolo gioiellino colorato, fatto di calle (strade) numerate che si incrociano, denominate in base ai punti cardinali, un susseguirsi per me, da sempre incapace ad orientarmi, difficile da seguire (tenete sempre a portata una bussola).
Perdersi per le calle “norte” o “este” non è stato però così noioso. Le case basse hanno le mura color pastello, dal mattone più caldo al blu cielo, passando per un giallo intenso come oro.
Le finiture bianche degli spigoli, delle finestre, dei tetti, ne definiscono i lineamenti. Alcune case sono quadrate, altre hanno le facciate ondulate, altre ancora sono a più piani.
Un tetris.
Rispetto alle tappe precedenti sul mare, a Valladolid mi colpisce come una piccola piazza riesca a racchiudere una miriade di tipologie di persone: il mendicante alle porte della chiesa di San Gervasio, la sarta nella corte interna del Palacio Municipal, il cocchiere che fa il giro del Parco Francisco Canton Rosado, l’ausiliario del traffico all’incrocio che cerca di smistare auto d’epoca, carretti, carrozze e macchine con neon sotto il paraurti.
L’ultima sera, una cena tipicamente messicana sotto i portici del centro storico, affianco alla cattedrale, sorseggiando cerveza e osservando la strada, come piace a me.
Malinconica e bellissima, Valladolid.
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Valladolid si trova nel cuore dello Yucatan, raggiungibile in circa un’ora e mezza di pullman ADO da Tulum con circa 140 pesos (6 euro).
La posizione strategica è perfetta per raggiungere il sito archeologico di Chichen Itza.
Siamo stati tre notti presso La Aurora Hotel Colonial, un ambiente tradizionale e incantevole, con piscina nel cortile interno.
Una cena a La Cantina Restaurante y Bar, prezzi moderati, servizio gentile e piatti messicani sia per carnivori sia per vegetariani (da provare la “Crema verde Maya”), davvero ottimi.
Se hai voglia di sapori un po’ più familiari, ti rimando a Casa Italia, un ristorante italiano squisitamente arredato e con buona cucina casereccia.
Come ormai avrai capito, le guide turistiche non fanno per me. Valladolid è una piccola città coloniale tutta da scoprire perdendosi a piedi per le calle. Ciò che ho capito, è che Valladolid non è solo un luogo strategico da sfruttare per esplorare le zone circostanti, ma è una tappa che merita un paio di giorni solo per lei.
L’unica volta che ho guardato la mappa, è stato per cercare il Cenote Zaci, da vedere per la sua leggendaria fama e a cui si accede spendendo 50 pesos (2,14 euro).
Un ringraziamento speciale a Gabriele, mio compagno di vita e di avventura, che con amorevole pazienza mi ha ripreso e fotografato in questo meraviglioso viaggio.
E grazie a E-Dreamsworldwonders che mi ha permesso di realizzarlo.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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