E’ il paradiso, quella sensazione che provo stando a piedi nudi su una spiaggia selvaggia e a contatto con la natura. Mi è sempre capitato, quando mi sono trovata in paesi dalle coste particolarmente attraenti, ma dopo pochi giorni la brama di esplorare, raccogliere storie e “tornare alla civiltà” diventa predominante.
Tulum non era poi tanto lontano da dove mi trovavo quando sono stata colta da quella brama. Queste due zone, playa e pueblos, incarnano anime diverse di questo piccolo angolo di Messico.
Dopo i giorni passati sulle rive di Playa Paraiso, a colpirci è stata l’atmosfera bohèmien di Tulum, percepibile appena raggiunta la strada statale, dritta e trafficata, che attraversa di netto il pueblos.
Eravamo nuovamente nella polvere, quella del primo Messico, quello delle periferie di Playa del Carmen. Erano tornati il brusio delle persone, il rombo delle macchine, le luci della strada, il rumore dei piatti in cucina, il profumo di carne abbrustolita.
Era tornato il Messico.
Vita, di nuovo un brulicare di vita.
Passeggiare ai margini della statale non è l’esperienza più paradisiaca che possa capitarti, in Messico. Tra una buca, delle macerie e dei lavori in corso, devi stare parecchio attento a dove metti i piedi. Eppure, Tulum pueblos è qui, in questa polvere che si alza sotto il sole e le stelle.
E’ nel traffico di giorno e di sera, è negli sguardi di camionisti e tassisti che si incrociano ai semafori. Nei colori della street art sulle mura diroccate delle case. E’ nelle parole dei negozianti che ti raccontano la statale e come sia viverla.
Sì, perché la strada torna ad essere protagonista indiscussa della quotidianità, scandisce il tempo, regola i conti, governa l’ordine. E’ il cuore del pueblos, vero spirito del Messico.
Avevo appena comprato del liquido per le lenti in farmacia quando raggiungo Gabriele nella pelletteria accanto, intento a farsi spiegare la lavorazione di un bracciale molto particolare da un giovane negoziante. I bambini erano seduti sul marciapiede a ridere e ad ascoltare una piccola radio, quando un altro bambino, il figlio del farmacista, esce dal negozio per prendere gli amichetti e guardare il cielo. Così anche io e Gabriele ci chiediamo cosa stessero guardando e i negozianti ci indicano in alto. E’ la notte della “Super Luna”. Ci guardiamo intorno e siamo tutti lì,turisti, viandanti e commercianti, ad osservare quella grande palla gialla che si ergeva in fondo alla strada statale.
I marciapiedi della statale sono costellati di bancarelle colorate e locali animati che incarnano lo spirito messicano nella sua versione più genuina e ruspante. E’ in queste bancarelle che la curiosità degli sguardi, nostri e dei negozianti, si incontra tra gli oggetti più disparati, minuzie artigianali e articoli a dir poco kitsch. Occhiate discrete e interessatamente invadenti ci inseguivano guardinghe mentre ci inoltravamo nei labirinti dei laboratori dei negozi, persi tra amache, pietre preziose, maschere di luchador, teschi variopinti fatti di osso, ceramica, vetro o ottone. D’obbligo è poi perdersi in chiacchiere con gli artigiani stessi, intenti a lavorare la pelle, il legno o le pietre. Noi eravamo incuriositi dal loro lavoro e ammaliati dallo loro destrezza, loro imbarazzati e compiaciuti dal nostro interesse.
Camminando sui marciapiedi e parlando con le persone, più volte ci è stato detto “a te lo dico perchè non sei americano”, una frase in grado di darci tanto sollievo quanto quel filo di inspiegabile inquietudine.
Eppure, di noi italiani, in giro, ce ne sono tantissimi. Ci trovi in bar, ristoranti, hotel, appartamenti, per strada, in spiaggia: ovunque.
Le strade di Tulum, a differenza di Playa del Carmen, non sono né pulite né particolarmente sorvegliate dalla polizia.
Non ci siamo mai sentiti eccessivamente in pericolo, ma una sera, passeggiando davanti ad un bar, notammo una discussione tra persone probabilmente ubriache ed evidentemente alterate, da cui ci allontanammo. Scoprimmo solo il giorno dopo, leggendo un giornale in un bar italiano, che il motivo era l’uccisione di un poliziotto. A colpirci, oltre alla notizia in sé, era il modo, così crudo e diretto, con cui il giornale trattava e mostrava i fatti della cronaca più efferata. “Non fare lo sbruffone, non venire qui in cerca di gloria e non passare dove non passa la polizia” – ci spiegarono – “se vuoi stare tranquillo”. Lele ed io restammo attoniti di fronte alla normalizzazione di una simile violenza, all’assuefazione alla morte, tanto temuta e al contempo esorcizzata con la venerazione.
Finimmo il caffè, salutammo con un “ciao grazie” e ci dirigemmo alla fermata dell’autobus per Cobà.
Tulum Publos è un punto strategico per girare il Quintana Roo, un luogo caratteristico ed economicamente accessibile. I turisti, zaino in spalla, sono per lo più di passaggio, attirati dal un ambiente più verace e meno costruito rispetto a Playa del Carmen. Proprio per questo motivo abbiamo trovato in Tulum una tappa imprescindibile per poter iniziare ad immergerci nel Messico che volevamo conoscere.
Ti rimando a questo post per leggere le nostre riflessioni e a questo post per scoprire le differenze con altre tappe più smaccatamente turistiche della Riviera Maya.
Ogni angolo di questa penisola ha una sua anima tradizionale particolare ed unica, nonostante si noti molto l’impatto dell’industria del turismo.
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La nostra base è stato l’hotel Xscape Tulum, dove ad aspettarci c’era un piccolo appartamento ben arredato e completo per ogni necessità. La struttura, gestita da due ragazzi italiani estremamente disponibili e discreti, si trova poco fuori dalla statale – quindi lontano dal traffico intenso, ma abbastanza vicino all’arteria del cuore pulsante del pueblos – e per noi alla fermata ADO.
Al Pueblos, abbiamo provato un italiano, “Il bocconcino”, e ci siamo tornati una seconda volta data la cordialità e la gentilezza dei proprietari. Più che raccomandato, piatti squisiti da accompagnare ad un buon vino per tornare al palato prettamente nostrano dopo tanto guacamole. Da gustare anche gli hamburger presso “Roraima” e i tacos di “El Carboncito”. Se avete bisogno di una colazione italiana con brioche ed espresso vi consiglio “Caffe’ del borgo” nella calle laterale alla fermata ADO.
Insomma, il pueblos offre locali per tutti i palati a prezzi contenuti.
Abbiamo raggiunto il pueblos dalla playa prendendo un taxi ed è rimasto il nostro campo base per raggiungere Cobà.
La penisola dello Yucatan si gira tranquillamente con un’ampia rete di autobus turistici e locali, gli ADO, rivelatesi comodi, economici, con servizi (tv e bagno) e sicuri.
Con l’obiettivo di risparmiare e di poter esplorare più da vicino questo popolo, tornando indietro, non cambieremmo questa scelta dei mezzi di trasporto.
Per controllare gli orari e i prezzi (spesso scontati) abbiamo utilizzato la app ADO da cellulare.
Un ringraziamento speciale a Gabriele, mio compagno di vita e di avventura, che con amorevole pazienza mi ha ripreso e fotografato in questo meraviglioso viaggio.
E grazie a E-Dreamsworldwonders che mi ha permesso di realizzarlo.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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