I preparativi e la festa di Natale mi hanno da sempre emozionato.
Quando ero piccola aspettavo Babbo Natale con mandarini e noccioline spiando dalla fessura della mia stanza – ma ovviamente non l’ho mai incontrato.
Poi da grande, spendevo le mie serate ad impacchettare e a scrivere gli ingredienti delle confetture fatte in casa, insieme, tra scintillii e decorazioni. Era sempre tutto così “semplice e naturale”.
Pochi mesi fa, una delle colonne portanti della mia vita mi ha improvvisamente lasciata e tutto ciò che stavo costruendo e facendo ha perso di senso. Ricordo solo che un pomeriggio eravamo insieme a mangiare fragole sul divano, il giorno seguente ero nella sala d’attesa di un ospedale senza capirne il perché, senza un preavviso, senza poterle dire addio.
E sono rimasta lì, attonita, con un dolore dentro indescrivibile da quanto intenso, sforzandomi di trattenere gelosamente in testa ogni parola, ogni ricordo, ogni momento, andando inutilmente alla ricerca di risposte e indizi nella mia memoria per dare un significato a qualcosa che di senso non ne aveva. Ora è una ferita nascosta, che pian piano si sta cicatrizzando in un processo lungo, faticoso, che mi porta ad evolvere, necessariamente, e a trasformare questo dolore in un nuovo equilibrio.
Il nuovo anno vorrei che fosse il raggiungimento di questa trasformazione.
Sarò sempre grata a quella persona che un giorno mi fece scoprire che Lei era orgogliosa di avere una “figlia viaggiatrice”, di cui si vantava, e questo mi ha immediatamente scaldato il cuore. Lei sognava di vedere il Mondo e lo faceva sognare anche a me, accompagnandomi nella nostra vita insieme a scoprire i faraoni d’Egitto, e poi le spezie di Zanzibar, e di corsa in macchina fino alle maree di Sant Malò e LeMont Sant Michel e ancora sulle scogliere in Croazia e sui monti in Italia, o in tenda sulla Costa Azzurra sotto le stelle e nei bungalow per aspettare la magia di Disneyland Paris.
Lei era la prima a leggere i miei pensieri, a condividere le mie fotografie, ad ascoltare i miei racconti una volta tornata a casa, sempre pronta ad aspettarmi con un abbraccio e una pizza o un piatto di pasta, per poi dirmi “Bentornata, adesso dove vai?”.
Mi considerava una “viaggiatrice del Mondo” e io l’ho considerata una “viaggiatrice della vita”, la mia e la sua che si sono incontrate, in un’unica vita ricca, degna, piena di momenti di felicità che ci siamo donate con abbracci e parole e lacrime, e che ora sono ricordi vividi ed intensi.
E la fase in cui sono adesso, mi sta indirizzando nel contenere gelosamente questa vita, nel raccogliere questi momenti di felicità, nel far mutare questo dolore in qualcosa di buono – forse.
All that I am, or hope to be, I owe to my angel mother
– Abraham Lincoln
E ritrovare il sorriso da donare a chi incontro, di ogni colore della pelle, di ogni religione, di ogni fisionomia, con ogni abitudine e usanza, per poterli conoscere e farmi conoscere, per poterli ricordare e farmi ricordare.
Vorrei ascoltare storie, su un autobus, alla fermata del tram, su un treno, in taxi, in aereo, seduta su una panchina o al bancone di un bar,e scoprire il bello, il brutto e il cattivo, perché nulla è perfetto, nulla è solo meraviglioso, ma tutto serve per migliorarsi.
Per contare le sfumature di rosso di cui è fatto un tramonto, quelle di verde di cui sono le venature delle piante, quelle di azzurro di cui è tinto il cielo, stando sdraiata su una spiaggia, seduta su un ramo o appoggiata ad un finestrino.
Vorrei imparare a dire “grazie” in tutte le lingue del Mondo, per potermi rivolgere con sincera gratitudine a chi vorrà condividere la mia strada, e a tutti chiederò cosa sia l’essenza della vita per potermi confrontare e trasformare ancora.
Vorrei cavalcare un’onda, rincorrere il vento, parlare con gli animali, contare le stelle, ballare sotto la pioggia e volare tra le nuvole, per riscoprirmi viva ogni attimo, per sentirmi parte di questo Mondo, per essere di nuovo padrona della mia strada, una strada, piena di incontri, dove il tempo, che si è rivelato fugace, viene vissuto pienamente e lentamente, fino all’ultimo attimo.
E vorrei portarti con me, per poterti mostrare e dimostrare a me stessa che, nonostante il dolore, le tragedie e il brutto tempo, questo Mondo troverà sempre un motivo e un modo per farti sorridere, per farti emozionare e per ringraziarlo.
E dedicare questo anno a Te, ai “grazie”, ai “ciao” e ai “buon viaggio”, che ci siamo dette e che continuerò a dire, e ad immortalare con la mia macchina fotografica da ogni parte del Mondo, per rammentare ovunque io sia cosa mi hai insegnato e cosa mi fa scaldare il cuore.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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