Sdraiata sul letto, nel mite dicembre messicano, ascolto il mondo accendersi alle prime luci dell’alba. I primi brusii fuori dalla finestra, il chiacchiericcio dei passanti, il rumore di piatti di chi sposta le stoviglie della sera prima, vecchi autobus che rompono il silenzio per le strade e vortici di polvere smossi dal vento a rifrangere la luce tenue del primo sole del mattino.
La musica che piace a me, quella della quotidianità, quella della vita, quelle delle storie che, spontanee, ti si dispiegano innanzi come un quadro o un film. Il tutto con la voce di Shakira che risuona in ogni angolo, da ogni radio o televisione, come fosse la colonna sonora di questi luoghi.
Benvenuta in Messico. Benvenuta a Playa del Carmen.
Sono arrivata a Playa del Carmen di sera, dopo le tredici ore di volo più scomode e faticose della mia vita. Assieme a me, Gabriele, che con santa pazienza mi sopporta ormai da anni.
E così è stato.
Prendiamo un autobus ADO dall’aeroporto, e arriviamo in questa cittadina, anche se appena per un giorno, anche solo per poter dire che siamo stati qui. E’ notte, ma le strade sono ricolme di luci, macchine, turisti e, appena scesi, venditori che provano a venderci un tour organizzato mentre trasciniamo ancora le nostre valigie. Per noi sono le quattro del mattino. Per loro, la sera è appena iniziata. Che vita.
Alle prime luci dell’alba andiamo sul tetto del nostro albergo. La città si sta svegliando e noi decidiamo di correre a vederla proprio così, pronta per iniziare una nuova giornata.
Dopo un caffè da Starbucks – immancabile impronta americana – ci siamo diretti a vedere il Mare. Il Mare dei Caraibi. A quell’ora, il color turchese si lascia ammorbidire dalla tenue luce del sole. I pellicani osservano i pescatori rientrare mentre legano le barche al molo, chiacchierando tra loro incuranti – forse – di essere osservati da una schiera affamata ed incuriosita del loro bottino. La sabbia è fresca, ma la spiaggia è piccola e sovrastata da grandi edifici – i resort – che incrinano la nostra poesia e decidiamo di tornare verso il centro.
Playa del Carmen ci ha colpito nel suo essere frizzante fin dalle prime ore dell’alba, dal suo essere turistica con la sua strada principale, La Quinta Avenida, il cuore pulsante ricolmo di bancarelle di souvenir, ristoranti di ogni tipo, farmacie, tour organizzati, tequila e insegne al neon. Musicisti, gatti e venditori. Ovunque. Instancabile. Colorata e frenetica, come solo la schiera di locali creati ed arredati apposta per rispettare le aspettative del turista medio, con murales dentro e fuori, sanno fare.
Eppure, non un mozzicone o un pezzo di carta per terra, di giorno e di sera.
Dietro a questa facciata, c’è un animo messicano puro, fatto di accoglienza, buon cibo e spontaneità. Ci siamo imbattuti in questo lato autentico nel mangiare in un locale rustico e poco turistico, con tovagliette plasticose e giganteschi spiedi esposti sulla strada. Il cameriere è venuto da noi elencandoci il menù con un entusiasmo mai visto sottolinenado che i suoi prezzi sono più bassi rispetto a La Quinta. Ed è vero. Così abbiamo chiacchierato – tanto – con il cameriere e il proprietario, mangiato – tantissimo – ogni cosa ci passava sotto il naso, abbiamo brindato – la tequila è un ottimo digestivo – e immortalato ogni cosa che colpiva il nostro sguardo.
Era solo un bar sulla strada verso l’hotel, ma qui io e Lele ci siamo chiesti se non fosse proprio la strada, che sia La Quinta o le sue parallele ed incroci, a rendere Playa del Carmen IL Messico, quella strada fatta di passanti, di lavori in corso, di macchine, quella strada che odora di carne arrostita e di catrame riscaldato dal sole.
Playa del Carmen è stato il mio primo incontro con il Messico, quello turistico, a tratti europeo per il suo essere internazionale, e raccontato nei depliant delle agenzie di viaggio. Eppure, è bastato prendere un autobus, mangiare su tovagliette di plastica e passeggiare alle prime luci dell’alba, per intravedere dietro a quei locali ben arredati a festa, una vita autentica che va oltre la mera veste consumistica. Da esplorare per più di un giorno, Playa del Carmen si nasconde ma è tutta da scoprire.
Abbiamo alloggiato a La Galeria by Bunik, grazioso hotel in una via parallela a La Quinta, vicino dal centro ma fuori dalla confusione. Bellissimo il tetto dove riposarsi la sera (o all’alba). Abbastanza economico, grazioso, pulito e riservato.
Vicino all’hotel ci sono diversi ristoranti locali dove poter gustare vero cibo messicano a prezzi onesti. Abbiamo mangiato anche sul La Quinta nel locale “Bip Bip”, tacos e menù presentati in modo più turistico ma con prezzi inferiori e gustosi fino all’ultima briciola. Orientativamente, abbiamo sempre speso tra i 300-500 pesos (13-22 euro) in due stando poco distanti dai locali “in” de La Quinta.
In aeroporto non siamo riusciti a cambiare e abbiamo pagato 10 euro ciascuno per raggiungere Playa del Carmen in circa un’ora. Abbiamo girato la penisola dello Yucatan in autobus turistici e locali con l’obiettivo di risparmiare e di poter esplorare più da vicino questo popolo. Tornando indietro, non cambieremmo. Ci è piaciuto molto. Gli ADO sono comodi, economici, con servizi (tv e bagno) e sicuri. Per controllare gli orari e i prezzi spesso scontati abbiamo utilizzato la app ADO da cellulare su cui però non è possibile comprare i biglietti senza una carta messicana. Abbiamo quindi comprato i biglietti sempre in stazione.
Un ringraziamento speciale a Gabriele, mio compagno di vita e di avventura, che con amorevole pazienza mi ha accompagnato e fotografato in questo meraviglioso viaggio.
E grazie a E-Dreamsworldwonders che mi ha permesso di realizzarlo.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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