Valigia? Fatta.
Itinerario? Fatto.
Guida turistica? C’è.
Biglietti? Eccoli.
Partiamo! Insieme?
Quando partiamo per un viaggio, scegliamo una destinazione, divoriamo guide turistiche e libri, compriamo i biglietti e facciamo la valigia. Tutto qui? No. C’è un altro elemento fondamentale per la buona riuscita di un’avventura: scegliere un buon compagno di viaggio.
Ammettiamolo. Viaggiare in compagnia, che sia in coppia, con amici, parenti, colleghi di lavoro o sconosciuti incontrati online, non sempre è un’esperienza semplice e gradevole.
Un viaggio può rafforzare e creare splendidi legami di amicizia e sentimentali, ma può anche rompere quei legami facendoci maturare il seccante pensiero di non voler più viaggiare con quella persona.
Se scegliere un buon compagno di viaggio non è sempre possibile, possiamo però riflettere su cosa significa essere un compagno di viaggio ideale e ispirarci per le prossime avventure.
Ricordo i miei primi viaggi “da inesperta”, dove ancora non mi era molto chiaro cosa significasse per me viaggiare lontano da casa e viaggiare in compagnia.
Mi vengono in mente i primi litigi, i bronci dettati dallo stare alla decisione dell’altro, ma anche le prime risate e i sorrisi per la gioia nel condividere un piatto, una fotografia o un aneddoto.
Tutti i viaggi svolti fino ad ora mi sono serviti per imparare a capire cosa cerco io in un viaggio e, soprattutto, le caratteristiche di chi voglio con me al mio fianco – o almeno spero.
Ti racconto qualche aneddoto per vedere insieme come scegliere un buon compagno di viaggio. Ecco i 5 consigli:
Uno dei miei compagni di viaggio preferiti è Lele, il mio compagno anche di vita, eppure siamo due persone completamente differenti – almeno in apparenza.
Io sono una grande sognatrice ad occhi aperti, tanto che ho ideato i modi per vedere il mondo pur rimanendo a casa durante la pandemia; Lele, invece, è concreto e con i piedi ben piantati a terra, la sua mente pensa ad un viaggio solo quando lo prenoto.
Essendo nata e cresciuta in città, il contatto con la natura è una forma di evasione che mi fa provare quello stato di sereno equilibrio e di pace con il Mondo come per un’asceta buddhista; Lele, agronomo cresciuto in montagna, conosce ogni nome-trattamento-razza-tipologia di piante e animali e, quando è immerso nella natura, prova quello stato di primordiale emozione come per il protagonista di un’avventura selvaggia.
Lele ed io abbiamo personalità molto diverse, eppure, siamo più simili di quanto pensiamo. Ci siamo accorti, nel tempo e nei viaggi, di condividere lo stesso amore per il Mondo, similitudine che esprimiamo a modo nostro, un modo che ci tiene insieme ormai da dodici anni.
Nel corso dei nostri viaggi, le nostre distinte personalità e i nostri interessi sono stati i giusti stimoli per confrontarci e crescere.
Le diversità ci hanno permesso di conoscere modi differenti di affrontare le medesime situazioni, di gestire contrattempi, di vivere un’esperienza, di scoprire nuovi occhi con cui vedere il mondo, nuove attività in cui sentirci coinvolti, nuove sfide in cui trovare complicità.
Un buon compagno di viaggio non è una persona né diversa né uguale a noi, ma solo compatibile.
Lo ammetto, non ho senso dell’orientamento spaziale. Se esistesse un premio, io sarei la vincitrice mondiale dei “smarriti per strada”.
Il momento più saliente è stato a Fez, in Marocco. Dovevo tornare al riad, situato alle porte della medina, per prendere una roba in camera prima di partire per un’escursione. Sara, mia cugina e complice in mille avventure, non vedendomi tornare mi ha raggiunta al riad e, aprendomi la porta della stanza, mi disse: “Non tornavi più! Ti sei persa vero?”, “Ho sbagliato l’incrocio in cui girare a sinistra” risposi io ridendo.
Se nelle mie prime avventure, “sbagliare strada” faceva emergere ogni mia insicurezza e preoccupazione, oggi vivo lo smarrimento come una nuova dimensione della curiosità, apprezzando l’arte sapiente del perdermi nei luoghi in cui mi reco. Così, io e Sara siamo state invitate da Yussef, un venditore di spezie a cui abbiamo fatto pena passando e ripassando davanti al suo negozio, a bere un tè a casa sua assieme alla sua famiglia.
Ho imparato che un buon compagno di viaggio deve condividere con me due spinte interiori: la stessa curiosità per quella destinazione e l’ansia positiva e funzionale che l’eccitazione della scoperta comporta, per cui “il perdersi”, non è un problema.
Solo così ci saranno aneddoti da raccontare con allegria, sarà possibile allargare i confini della propria zona di comfort, solo così i contrattempi si trasformeranno in nuove e inaspettate avventure in cui immergersi.
Ero a Ibiza con tre mie amiche giramondo, Federica, Linda e Clio, e, per nostra natura, abbiamo visitato l’isola fuori stagione. C’era chi non voleva guidare, chi voleva vedere mercati brulicanti, chi ammirare la natura mediterranea e chi l’architettura semplice e bianca. Sentendoci legate dal desiderio di scoperta e dalla gioia nel mangiare paella, siamo riuscite ad andare incontro alle richieste di ognuna, rispettando i tempi e i desideri, scendendo a compromessi con flessibilità.
Per definizione, il viaggio stesso è intriso di cambiamenti e di adattamenti.
A Ibiza, infatti, ha diluviato, le temperature sono precipitate facendoci prendere più tè caldi che sangria e abbiamo perso per strada i cerchioni della macchina. Oggi, questi sono per noi aneddoti divertenti, ma sul momento ci sembrava di essere inseguite dalla sfortuna.
Viaggiare in gruppo rende ancora più indispensabile mettere in valigia una buona dose di flessibilità. La flessibilità ci rende capaci di affrontare gli imprevisti, ma anche di saper ascoltare le richieste dell’altro e di rispettare le proprie.
Tenere il broncio e svolgere un’attività per poi lamentarci o obbligarci a fare qualcosa per compiacere, è una grande frustrazione che può solo che compromettere le dinamiche con le persone con cui condividiamo il viaggio.
Un buon compagno di viaggio è capace di ascoltare le richieste dicendo “scegliamo”, di scendere a compromessi con un sentito “va bene”, ma è anche consapevole di ciò che onestamente riesce ad accettare dicendo “no, preferisco fare altro”.
Viaggiando ho imparato a selezionare il mio compagno di viaggio in base al suo approccio alla vita.
A volte sono stati necessari “weekend di prova” per comprendere gli opposti stili di viaggio, ma più spesso è stato sufficiente riconoscere un’incompatibilità a partire dal modo con cui un amico pensa e vive la sua quotidianità. Anche se ci vogliamo bene, in viaggio possiamo non voler scendere a compromessi, ma questo non significa dover rinunciare ad una meta desiderata o obbligarci a partire insieme, con il rischio di rompere o incrinare quel legame.
Possiamo unirci a gruppi organizzati composti da persone che condividono il medesimo stile di viaggio, curiosità e interesse per quella destinazione. Oppure possiamo scegliere di viaggiare da soli e fare amicizia per strada, che sia in ostello, durante un’escursione oppure al bar.
Trovando persone che condividono il nostro stile di viaggio, è più probabile trovare anche un ottimo compagno di avventure.
Un buon compagno di viaggio è solidale, è un sostegno sia psicologico che materiale. Si dedica nel rendere quel viaggio un’esperienza appagante in cui è premiata la fiducia per l’altro e si sforza nell’affrontare insieme gli ostacoli.
Non c’è spazio per l’egoismo e l’egocentrismo, perché essere un buon compagno di viaggio significa vedere l’altro come complice di avventure e non come un accompagnatore.
Essere un buon compagno di viaggio significa riconoscere le proprie diversità e metterle in gioco come fonte da cui attingere per riscoprirsi più uniti, simili e autentici come l’avventura che si vuole intraprendere insieme.
La parola “compagno” significa “accompagnare, esserci per l’altro”.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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