Il Coronavirus ci sta mettendo alla prova non solo come persone, ma anche come società e come esseri umani.
Individualmente, abbiamo parlato di come reagire allo sforzo cognitivo e all’impatto emotivo che causano le notizie allarmanti.
Ora è arrivato il momento a parlare delle implicazioni psicologiche del Coronavirus in termini più ampi: noi come società.
Il cinismo, l’inquietudine e l’isteria collettiva, sono i sintomi di una società che vacilla, non preparata a fronteggiare l’interruzione della normalità e a mettersi in discussione, scatenando così un’emergenza sociale, sanitaria, economica e, oserei dire, umana.
“Umana” per le perdite e “umana” per i valori che stiamo trasmettendo e di come li abbiamo messi in ordine di importanza. Non vite, ma numeri da elencare. Non unione, ma separazione. Non cooperazione, ma recriminazione.
Elencare ininterrottamente numeri grandi e piccoli senza un’adeguata cornice o polemizzare su tematiche senza un’adeguata competenza. A cosa serve?
E’ così che una società fiera di essere libera, torna indietro nel tempo, ed è così che il “giusto” e lo “sbagliato” si amalgamano trasformando ogni azione e parole come legittime, anche se ingiustificate e fuori contesto, quindi, errate.
Tornare a dare il giusto valore, significa sforzarsi nel ri-calibrare l’asticella su cosa credo valga la pena difendere, su ciò per cui credo valga la pena lottare. In questa situazione, credo sia la “vita“.
Ed è così che le mie parole e le mie azioni nel concreto cambiano di significato e mi indirizzano verso un Mondo fatto di forza e di speranza.
Perchè se non parlo delle persone che escono dagli ospedali curate, non so che si può guarire. Se non parlo in ugual modo del nero e del bianco, io prendo decisioni non ponderate. E se non sottolineo il lavoro di coloro che stanno in prima linea, non so chi ringraziare.
Consapevolezza, responsabilità, fiducia, in sé e negli altri, sono solo alcuni degli aspetti da cui poter attingere la nostra resilienza, la nostra capacità di affrontare gli eventi traumatici o stressanti, riorganizzando in modo positivo la nostra vita.
La resilienza è qualcosa di ordinario e non di stra-ordinario per l’essere umano
Serve impegno nel farsi coinvolgere in una situazione che cambia, serve la convinzione di poter fronteggiare gli eventi per non sentirsi in balia di essi, e serve la predisposizione ad accettare i cambiamenti come parte integrante della vita per non viverli come paralizzanti.
Un ringraziamento speciale a Sara e Michele, amici costretti alla quarantena nella zona rossa, e a Emanuel, mio medico di fiducia esperto in immunologia.
E grazie a tutte le persone, colleghi, commercianti e amici, che si sono confrontate con me negli ultimi giorni avvicinandosi senza paura.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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