“Ciò che per qualcuno è immondizia, per altri è un tesoro” – Orlando Bloom (attore e ambasciatore Unicef) – dal documentario “Tales by Light”
L’inquinamento sta soffocando il nostro pianeta, tra plastica, rifiuti, sostanze chimiche, radiazioni, particelle nell’aria, non possiamo più negarlo.
Le terre si inaridiscono e i ghiacciai spariscono.
Nei mari, gli animali soffocano.
Sulla terra, noi umani soffriamo e guardiamo spesso inermi.
L’inquinamento assume molte forme e ha molte conseguenze sul nostro futuro, ma primo fra tutti, l’inquinamento ci sta influenzando, condiziona il nostro modo di agire e di pensare.
L’ambiente in cui viviamo modella il nostro modo di pensare, di agire e la nostra identità.
Ci sono tante, tantissime barriere psicologiche a riguardo e qui vorrei discutere con te di alcuni nostri sintomi psicologici nel vivere oggi in un pianeta che sta disperatamente mutando.
I cambiamenti nell’ambiente manipolano i nostri sentimenti, i nostri pensieri e i nostri comportamenti. Quando proviamo “disgusto”, sappiamo che stiamo reagendo in modo adattivo di fronte ad uno stimolo potenzialmente dannoso e di istinto ci allontaniamo. Questo ci capita di fronte a qualcosa che “ci fa schifo”, che sia un alimento o una condizione ambientale.
Se siamo in una via sporca, piena di cartacce e rifiuti, ci farà “schifo” e ci sentiremo meno in colpa se accidentalmente ci cadrà dalla mano un fazzoletto.
Se siamo in una via pulita, con giardini curati o pavimenti lucenti, ci sentiremo più in colpa qualora ci cadesse qualcosa a terra e cercheremo di non farlo.
Il disgusto è un’emozione istintiva, che proviamo fin da quando siamo piccoli, ma la cultura in cui cresciamo influenza enormemente quali elementi ce la faranno provare.
Guardando il documentario “Tales by light” (disponibile su Netflix), sono rimasta tristemente colpita e schifata da come fosse normale in Bangladesh vivere nella sporcizia, da come i bambini giocassero su cumuli di rifiuti galleggianti come fosse un luna park, da come si lavorasse in fabbriche chimiche e acciaierie tossiche, pericolose e dannose per le persone e per l’ambiente. Oltre al disgusto, ero rattristata nel vedere come fosse normale, un dato di fatto.
Non solo in Bangladesh: in ogni parte del mondo ci sono zone, aree, etichettate come degradate e schifose, e questa etichetta ci porta superficialmente a pensare che come il posto, anche i suoi abitanti facciano “schifo”. Pensiamo ai “ghetti”, “alle periferie”, “alle baraccopoli”, sono tutti luoghi dove non ci sentiamo sicuri, ambienti dove si dà per scontato che sia “normale” essere sporchi, quindi pericolosi, perché qui “è tutto abbandonato, e quindi lo siamo anche noi”. Ma questo è solo un pregiudizio, un pensiero disfunzionale che, se condiviso, legittima questa condizione e questo modo di pensare.
Un nostro grande limite è che tendiamo a ignorare e non considerare tutto ciò che non ci viene messo davanti, ad un palmo dal naso e alla portata delle nostre mani. Questo perchè siamo abituati ad agire e a crearci dei pensieri sulla base dell’esperienza.
Non possiamo vedere le radiazioni solari che ogni tanto la televisione ci mostra riprese dallo spazio, ma vediamo i cumuli di rifiuti nelle strade.
Non possiamo sapere quanta plastica ci sia sparsa nell’oceano, ma possiamo vedere i bicchieri e le bottiglie riversati in spiaggia.
Non abbiamo la capacità di accorgerci delle particelle nell’aria, ma possiamo vedere come il cielo sia offuscato in lontananza a causa dello smog.
Quando ragioniamo, la nostra tendenza è quella a interessarci ai fatti visibili, in corso di svolgimento, ignorando le problematiche in prospettiva futura e qualsiasi relazione di causa e conseguenza.
“Devi venire con me…non è sicuro qui, ci sono le radiazioni”
“Lo sai quanti anni ho?…Ho vissuto qui tutta la mia vita…E’ arrivata la Rivoluzione… i Bolscevichi… Stalin… La Guerra… Non me ne sono andata dopo tutto quello che ho visto.
E dovrei andarmene ora? Per via di qualcosa che non posso neanche vedere? No.”
(Chernobyl – Inizio Episodio 4)
L’inquinamento è un fenomeno indesiderato che viene ancora scisso e considerato indipendente dalle nostre azioni, come se fosse sempre troppo tardi. Sperimentiamo la cosiddetta “impotenza appresa”, quella frustrazione che proviamo in un evento che non possiamo controllare, portandoci così ad essere meno motivati nel compiere azioni eco-sostenibili e a cooperare per migliorare la situazione.
Gli ambienti in cui viviamo influiscono sul nostro modo di vedere la vita, di percepire, di agire, determinando la nostra stessa identità.
Non stiamo parlando solo di una mera preferenza, di un luogo migliore di un altro, ma di un senso di disagio e di inadeguatezza per cui quel posto “non è quello giusto”, non è in sintonia con la nostra identità. Stiamo parlando di tutte quelle caratteristiche di un individuo che risentono dell’influenza ambientale e del contesto in cui si trova grazie alle esperienze e al vissuto emotivo che vive e che gli trasmette. Un luogo sarà quindi piacevole o spiacevole, indimenticabile o temuto, e, di conseguenza, determinerà le nostre azioni e la nostra identità.
La Scienza – e noi nella scienza ufficiale, abbiamo fiducia – ha ormai confermato gli effetti dannosi dell’inquinamento per la nostra salute, dalla neuroinfiammazione all’esacerbazione di disturbi psicologici, dai sintomi psicosomatici alla depressione alle psicosi.
L’inquinamento influenza le nostre abitudini quotidiane. Nelle aree dove l’inquinamento è più alto, si uscirà meno e si rimarrà più tempo in luoghi chiusi, riducendo l’attività fisica e aumentando il disagio psicologico, riducendo l’esposizione al sole e provocando una carenza di vitamina D.
“In nome del progresso, l’uomo sta trasformando il mondo in un luogo fetido e velenoso (e questa è tutt’altro che un’immagine simbolica). Sta inquinando l’aria, l’acqua, il suolo, gli animali… e se stesso, al punto che è legittimo domandarsi se, fra un centinaio d’anni, sarà ancora possibile vivere sulla terra” – Erich Fromm (Psicologo)
Da qui l’importanza dell’aprire gli occhi e sporcarsi le mani viaggiando: ci permette di renderci conto di quante realtà ci siano nel Mondo, quanti modi di vivere, quante diversità ambientali e necessità.
Viaggiare ci permette di vedere l’inquinamento come una condizione etica e morale a cui far fronte, una condizione che limita la nostra libertà personale oltre che il nostro benessere.
Quando riteniamo che il problema sia troppo grande o che colpisca solo un’altra “parte di Mondo”, pensiamo che non ci riguardi, che non ci rispecchi, o pensiamo di non poter far nulla, di non esserne in grado, che il nostro intervento personale sia ininfluente.
Credo che la verità sia un’altra, credo che l’ambiente in cui viviamo ci influenzi e definisca la nostra identità, credo che davvero possiamo fare la differenza, a partire dalle piccole cose che diventeranno grandi nel tempo.
Perchè quando ci sentiamo “a casa”, ovunque ci troviamo, è perché quel luogo ci rappresenta. Ci identifichiamo o siamo attaccati a quell’ambiente e questo sentimento ci porta a mettere in atto comportamenti protettivi, siamo più coinvolti, proviamo benessere.
Se ci pensi, quando tutti insieme riusciremo a prendere le stesse accortezze che ci permettono di rispettare l’ambiente ovunque ci troviamo, quello sarà il momento in cui davvero il Mondo avrà quello di cui ha bisogno, una cura, e sarà ciò di cui noi avremo bisogno, una casa.
Siamo l’ambiente in cui viviamo e il nostro ambiente è il Mondo intero, prendiamocene cura.
Lu, J. G., Lee, J. J., Gino, F., & Galinsky, A. D. (2018). Polluted morality: Air pollution predicts criminal activity and unethical behavior. Psychological science, 29(3), 340-355.
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Steg, L., & Vlek, C. (2009). Encouraging pro-environmental behaviour: An integrative review and research agenda. Journal of environmental psychology, 29(3), 309-317.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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