In che mondo vogliamo abitare? Una riflessione sulla violenza contro le donne nel Mondo
Una riflessione di psicologia del viaggio sulla violenza contro le donne
Quando pensiamo al viaggio, immaginiamo paesaggi nuovi, abitudini diverse, profumi lontani. Eppure, viaggiare nel mondo significa anche entrare in contatto con ciò che le culture custodiscono in profondità: le loro luci, i loro entusiasmi, ma anche le contraddizioni e le fragilità che spesso passano sotto silenzio. È in questi spazi che, inevitabilmente, emergono riflessioni in viaggio che toccano qualcosa di più grande: il modo in cui viviamo le relazioni, la libertà, la cura.
Tra i temi delicati e urgenti che accomunano Paesi molto diversi tra loro, uno dei più dolorosi e trasversali è la violenza contro le donne. Non appartiene a una sola parte del mondo né a un’unica cultura: è un fenomeno umano che assume forme diverse a seconda dei contesti, ma che ha radici profonde condivise. Le Nazioni Unite segnalano come, nel Mondo, una donna o ragazza venga uccisa da qualcuno che conosce ogni dieci minuti. Ogni dieci minuti.
È un numero che ci porta in profondità, che racconta come la violenza contro le donne non sia solo un problema sociale, ma una ferita umana.
E allora la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne del 25 novembre non può ridursi a un rituale simbolico: è un faro, un invito ad ampliare lo sguardo, a riconoscere che ciò che accade nel mondo riguarda anche noi, anche le nostre scelte quotidiane, anche il nostro modo di viaggiare.
Viaggiare significa ascoltare.
E ascoltare, a volte, significa anche riconoscere ciò che fa male.

Fuoco naturale, gita fuori Baku
Indice dei contenuti
La violenza contro le donne nel mondo: una ferita globale che attraversa le differenze culturali
In ogni continente incontriamo storie e dinamiche che ci ricordano quanto sia fragile la condizione delle donne.
In Asia alcuni movimenti nascono come risposta a pressioni sociali fortissime, come in Corea del Sud con il movimento 4B (“B” significa “No” rispetto al matrimonio, alle relazioni con uomini, al sesso e ai figli), un grido di esasperazione, un tentativo di difendere la propria dignità.
In Sud America e in Africa la violenza è spesso inserita in contesti complessi segnati da disuguaglianze economiche e tensioni comunitarie; tra questi, emerge il Sud Africa, dove si parla di “disastro strutturale” per l’incidenza di femminicidio nel paese: 15 casi al giorno.
E, più vicino ancora a noi, in molte aree dell’Europa e del Medio Oriente si alternano riforme legislative e resistenze culturali che rendono il cambiamento lento e faticoso.
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Arabia Saudita, tra ombre e luci
Cambiano le lingue, cambiano le tradizioni, ma ritornano gli stessi nodi: ruoli di genere rigidi, poca educazione alle emozioni, normalizzazione della violenza psicologica, mancanza di strumenti per riconoscere e gestire i conflitti.
Conoscere queste realtà non è un esercizio di tristezza, ma un invito a vedere il mondo con più sincerità, oltre gli stereotipi e le immagini da cartolina.
E, soprattutto, è un invito a guardarci dentro.
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Cancun, Yucatan, Messico
Italia: il nostro specchio e la responsabilità di scegliere un mondo migliore
L’Italia, nonostante la sua ricchezza culturale e sociale, non è un’eccezione. Abbiamo ancora un femminicidio ogni tre giorni, molte donne che non denunciano, altre che restano in relazioni in cui la violenza non è riconosciuta come tale perché mascherata da gelosia, controllo, dipendenza emotiva, insicurezza, senso di colpa.
Se vogliamo davvero chiederci “in che mondo vogliamo abitare?”, dobbiamo partire da qui.
Uno dei punti più critici è la mancanza di una vera educazione sessuo-affettiva, continua e inclusiva. Non un insieme di regole, ma un percorso che insegni a:
- riconoscere le emozioni e dare loro un linguaggio,
- stabilire confini e rispetto reciproco,
- costruire relazioni basate sulla libertà e non sul controllo,
- distinguere amore da possesso, desiderio da obbligo, cura da dipendenza.
L’assenza di questi strumenti ci lascia vulnerabili. Quando la prevenzione manca, la società interviene solo dopo, quando il danno è già avvenuto. E questo, oggi, non basta più.
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Viaggiare come atto di consapevolezza: uno sguardo che si apre e che sceglie
La psicologia del viaggio ci ricorda che muoversi nel mondo non è soltanto una scoperta esteriore: è una trasformazione interiore. Viaggiare significa imparare a osservare, ad ascoltare, a riconoscere i problemi che ci accomunano, al di là delle differenze culturali.
Ogni volta che incontriamo storie diverse dalla nostra, qualcosa dentro di noi si riordina:
diventiamo più consapevoli di ciò che diamo per scontato, più attenti a ciò che vorremmo cambiare, più presenti nel nostro modo di vivere le relazioni.
Tornare a casa dopo aver visto il mondo può diventare un gesto politico, nel senso più umano del termine:
• scegliamo parole che rispettano,
• comportamenti che non feriscono,
• relazioni che non intrappolano,
• azioni quotidiane che sostengono chi è più fragile.
È così che diventiamo persone capaci non solo di vedere il problema, ma di contribuire a risolverlo.
Un passo, un gesto, una conversazione alla volta.
In che mondo vogliamo abitare?
La violenza contro le donne non è un problema lontano da noi: è un problema umano, e come tale riguarda ciascuno di noi, ogni giorno.
E allora la domanda diventa una sola, semplice e potentissima: in che mondo vogliamo abitare?
Qualunque sia la risposta, possiamo iniziare a costruirla da oggi.
Nel modo in cui parliamo,
Nel modo in cui amiamo.
Nel modo in cui viaggiamo.
Nel modo in cui scegliamo di esserci per l’altro.
Vorrei un mondo dove ogni donna si sentisse libera di camminare.
Se sei vittima di violenza o stalking, il numero da chiamare è 1522.
Travel Psych Tips: per approfondire il tema della violenza contro le donne nel Mondo




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