“Mi sono persa”
Fino a quel momento, la mia vita era stata una strada polverosa, ed io l’automobilista confusa e alla ricerca di una fine che sembrava non arrivare mai. La macchina su cui ero stava sbandando e non riuscivo più a controllarla. Le orme sparivano dietro di me e inizio e fine continuavano a sovrapporsi. L’eccitazione e poi lo smarrimento, e ancora impegno e poi caos. Incontravo semafori verdi, e poi rossi, e divieti, e avanti ancora ad un altro bivio chiedendomi “Quale sarà la strada giusta?”.
Era presto, c’era odore di caffè e i raggi del sole si infiltravano tra le sottili fessure delle mie persiane rigandomi il viso. India aveva iniziato a scodinzolare sentendomi muovere sotto le coperte.
“Sarà un giorno come ieri” ho pensato, e mi sono alzata concentrandomi su ciò che avrei dovuto dire a mia madre che mi stava aspettando in cucina. “Ciao, oggi come va?” chiese.
“Normale” risposi.
Erano giorni che si susseguivano uguali l’uno all’altro, nei quali il mio corpo e la mia mente operavano con il pilota automatico, senza che lo spirito avvertisse il bisogno di intervenire. Mi misi a mangiare dei biscotti inzuppati nel caffè, ad ascoltare le notizie in TV senza attenzione e mi ritrovai lì, come in attesa.
Ad un tratto, il peso di non trovare un’occupazione dopo il dottorato e la frustrazione causata dal passare da un lavoro saltuario all’altro, si erano attenuati.
Un insolito tepore prese a scaldarmi il petto, a causarmi una dolce esigenza di pacifica rivoluzione. Quel morbido ed inspiegabile senso di euforia ed entusiasmo che mi spinse ad alzarmi e ad andare verso l’auto, a girare la chiave e a rimettermi in marcia, da sola.
Per troppo tempo sono stata in viaggio con passeggeri esigenti nella loro incostanza, che mi facevano ascoltare la loro colonna sonora e sceglievano per me la strada da seguire, al prezzo di pochi spicci per la benzina.
Per troppo tempo sono andata avanti, mi sono fermata, sono tornata indietro, sono ripartita, in un interminabile ed inconcludente ciclo di tentativi. Ho faticato, ho insistito e raggiunto i risultati che mi erano stati proposti, ritrovandomi però, a quel punto, a non stringere tra le mani altro che aria e polvere.
Quella mattina, però, al crescere della rivoluzione nel mio petto, il pulviscolo iniziava ad abbassarsi e dietro di me iniziavo a intravedere le orme del mio passaggio.
“Quanta strada ho fatto” mi dissi
Scelsi la musica che preferivo, feci il pieno e intrapresi una nuova strada. La mia.
Ho iniziato il mio viaggio, non importava fosse vicino a casa o in giro per il mondo, ero in pista. Asia, Americhe, Europa, Africa; nuove velocità, nuove tappe, nuove prospettive, nuovi incontri, nuova musica.
Mi sono resa conto come gli ostacoli e le ansie fossero più comuni di quanto pensassi e che a provarle non ero la sola al mondo. Siamo accomunati da incertezza, paure e diffidenza, a fare la differenza sono la scelta e la volontà di affrontarle o subirle. Ho capito di essere in viaggio da sempre, su una terra chiamata umanità, che spazia dai pochi metri della mia stanza a migliaia di chilometri intorno al mondo.
Questo blog non nasce semplicemente da una passione, ma da un’esigenza.
È un’estensione di me, è il luogo in cui condivido le mie esperienze analizzate alla luce della mia sensibilità e delle mie competenze, e le metto nero su bianco affinché possano essere d’aiuto e d’ispirazione a persone che si pongono le mie stesse domande, che affrontano le mie stesse paure, e che provano i miei stessi bisogni.
Travel Psych è la nostra macchina, i pensieri e le emozioni ci faranno da colonna sonora e nel serbatoio metteremo i sogni e le curiosità.
Se ti vorrai accomodare sul sedile del passeggero, sarò felice di viaggiare con te.
Io sono Chiara Di Nuzzo, psicologa da anni e sognatrice da una vita, e la mattina, quando mi sveglio mi chiedo:
“Dove si va?”
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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