Il viaggio e la comfort zone
L’abitudine ci porta a cadere nelle stesse scelte, ad usare solo quella quantità di risorse e di energie che ci permettono di arrivare a fine giornata.
Viviamo nella nostra comfort zone, fatta di routine e normalità. E cosa c’è di male?
Nulla, finché non ci accorgiamo che non stiamo più crescendo e che abbiamo smesso di sognare di andare oltre ai nostri confini.
È per questo che amo viaggiare: per ricordare a me stessa che sono molto di più e che so fare molto di più rispetto a ciò a cui sono abituata.
Si pensa ingenuamente che viaggiare ci faccia “uscire” dalla nostra comfort zone, ma in realtà ci aiuta ad allargare quei confini mentali che non permettono di realizzarci.
Viaggiare ci svela che possiamo sentirci a nostro agio anche in situazioni diverse da quelle proposte nella nostra normalità.
Immagina la tua comfort zone come quello spazio mentale in cui ti senti a tuo agio con il mondo esterno. Tutto ti è familiare, quindi proverai bassi livelli di ansia e di stress perché sai come comportarti, sai come funziona intorno a te.
Perché quindi dovresti uscire dalla tua comfort zone? Non sarebbe quasi masochistico?
L’esigenza di svincolarci dalla comfort zone arriva quando ci rendiamo conto di essere statici, di esserci adagiati in uno spazio mentale di sicurezza che fatica a soddisfarci.Ci accorgiamo che le situazioni sono ripetitive e scontate, tutto diventa prevedibile e sotto controllo, proviamo sempre le stesse emozioni e i nostri sogni non ci fanno più eccitare.
È per questo che nasce quella spinta dentro di noi, quel desiderio vitale di esplorare i confini della nostra zona di comfort, di allargarli andando un po’ oltre. Subentra quell’urgenza di muoverci, quella sensazione di dinamismo, di crescita, di apprendimento, di cambiare qualcosa.
Quando ci sentiamo “stretti” nella nostra comfort zone è il momento di scegliere se rimanere lì o prendere il coraggio di mettersi in gioco per ampliarla.
Questo significa sperimentare l’atavica paura dell’ignoto, affrontare un cambiamento, provare quelle sensazioni dis-comfort a cui non siamo più abituati, come ansia e stress, che ri-attivano il nostro corpo e la nostra mente verso qualcosa di emozionante.
Il viaggio è trasformativo e riflessivo perché in modo naturale ci fa vivere emozioni intense, spesso coincidenti con momenti di dis-comfort e imprevisti, dove adrenalina, ansia e apprensione ci accompagnano verso la loro risoluzione.
1) Proviamo trepidazione ogni volta che prepariamo una valigia prima di partire ponendoci delle semplici domande: Cosa mi servirà? Sarà abbastanza? Questo può essermi utile?
2) L’apprensione è lì che si fa sentire quando prepariamo i documenti di viaggio, dal momento in cui facciamo “click” per comprare un biglietto alla compilazione dei questionari per l’ingresso in un paese straniero. I primi segnali dell’adrenalina da partenza si trasformano in ansia quando arriviamo al momento della conferma, chiedendoci: Salirò sul volo? L’hotel avrà la mia prenotazione? Andrà bene il mio passaporto in dogana?
3) Comunicare in una nuova lingua può farci sentire in tensione, soprattutto le prime volte in cui abbiamo bisogno di chiedere indicazioni. Poi tende a sparire quando ci accorgiamo di essere capiti e di ricevere aiuto.
4) Gestire gli imprevisti comuni al viaggio ci fa sperimentare frustrazione e autoefficacia. Pensa al meteo che cambia e non ci permette di fare un’escursione; ad un ritardo sulla tabella di marcia che ci fa prendere il traghetto successivo; lo scoprire che un luogo tanto agognato è meno affascinante di un paese non citato nella guida turistica di cui rimani colpito.
5) Lo smarrimento è lì che ci aspetta ogni volta che incontriamo e ci confrontiamo con una nuova cultura. Una sensazione che si attenua solo quando i nostri schemi mentali si adattano ai nuovi profumi, ai nuovi sapori, alle nuove vesti e ci abituiamo ai ritmi e alle usanze di un nuovo paese – lo shock culturale.
Viaggiare non è solo uno spostamento da un luogo ad un altro, ma è un’esperienza intensamente emotiva che può portare con sé momenti di auto-scoperta facendoci mettere in discussione la nostra abituale comfort zone.
Sono diversi gli ostacoli mentali che ci fanno sentire “non pronti”, “non adatti”, “non capaci”, nell’affrontare qualcosa di nuovo, che sono accomunati da quell’emozione scomoda che è la paura.
Potremmo aver paura di viaggiare, un sentimento spesso alimentato dallo stato di immobilità e di inerzia, tipico della routine, che tutti noi abbiamo sperimentato in questo periodo segnato dalla pandemia di Coronavirus che ha modificato la nostra preparazione.
Così l’ansia pre-partenza che ci spinge a prevedere pericoli e imprevisti laddove non ci sono alimentando le nostre preoccupazioni e portandoci ad organizzare viaggi il più prevedibili e familiari possibili.
E ancora le ansie più intense, come la paura di volare, di guidare o il panico, che ci orientano ancora di più verso il centro della nostra comfort zone invece di avvistare i suoi confini.
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Viaggiare non significa uscire dalle nostre abitudini, bensì scoprire che quei confini di agio sono molto più estesi rispetto a ciò che pensiamo.
Percorrere un territorio poco familiare, che sia geografico o psicologico, pone la nostra mente a provare disagio, fastidio, incertezza, che, inevitabilmente, ci costringono a confrontarci, a ristrutturare quei confini mentali e a estendere le nostre risorse per affrontare il nuovo, scoprendo che l’ignoto e il diverso non fanno poi così paura.
E torneremo a casa “più comfort” di prima.
Viaggiare è apprendere che stiamo a nostro agio anche in situazioni scomode
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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