“Avviso viaggiatori”
Si accende l’altoparlante della metropolitana per avvisare di un guasto che causa rallentamenti. Ed ecco che ti senti preso in giro, un gioco del destino, e la mente inizia a correre in avanti “sì ma quanto in ritardo? Proprio oggi?!? Perderò il treno! Devo chiamare…”.
Il disagio quotidiano dei pendolari. Che sia metro, bus, treno o macchina, gli imprevisti sono all’ordine del giorno: guasti, ritardi, scioperi, code, cancellazioni, traffico.
Essere un pendolare non è per niente semplice. La giornata lavorativa si dilata obbligando risvegli presto e rientri in tarda serata. Ciò comporta una riduzione delle ore di sonno – che si recuperano il weekend – stanchezza eccessiva e un nervosismo che influisce profondamente sul benessere della persona.
L’amore non è un problema, come non lo è un veicolo: problematici sono soltanto il conducente, i compagni di viaggio e la strada. – Franz Kafka
Ho fatto la vita da pendolare per un anno, viaggiando ogni giorno per 90 minuti ad andare e 90 minuti per tornare, uscendo di casa presto e tornando la sera tardi. Con me sui treni altre migliaia di persone. Chi si isola con musica e video, chi si aliena con un buon libro, chi cerca di mantenere un dignitoso equilibrio dinamico con in volto l’espressione insofferente di chi vorrebbe essere altrove, chi urla al telefono e chi borbotta nel sentirlo gridare.
Un quadro, dunque, fatto di cattivi odori, inquinamento acustico e disagio generale e diffuso.
Che vitaccia.
Essere un pendolare comporta problematiche da non sottovalutare sia fisiche che psicologiche:
Ci sono diverse motivazioni dietro alla scelta di fare la vita da pendolare, da esigenze economiche a quelle ambientali a quelle famigliari, ma la maggior parte di noi tende a sottovalutare e a non pesare correttamente i rischi psico-fisici che questo stile di vita comporta. Per questo ho riflettuto su quali possono diventare i punti di forza per fronteggiare il più possibile le problematiche che ti ho riportato sopra.
Essere vittima del pendolarismo, comporta anche dei vantaggi da tenere presente:
L’ora dell’uscita di casa è forse l’unico punto fermo.
Quando parte il treno, quanto traffico ci sarà, a che ora arriverai al lavoro (e viceversa tornerai a casa) non lo puoi sapere nè prevedere nè gestire. Quindi, ha senso preoccuparsi tanto? Accettare questo grado di incertezza è il primo passo per diminuire lo stress percepito e ci permette di agire su ciò che possiamo: avvisare del ritardo, prendere ore di permesso, provare a rivedere o contrattare gli orari di ingresso e di uscita dal lavoro, farsene una ragione (vedi sotto).
Ressa. Calca. Clacson. Caos. Essere un pendolare, che sia in auto o in treno o in bus, richiede un grande sforzo di autodisciplina.
L’invasione del proprio spazio personale è incontrollabile, gli spintoni, le risposte sgradevoli e le occhiatacce sono all’ordine del giorno. In queste circostanze, possiamo dire che tiriamo fuori un po’ il lato difensivo e il lato peggiore di noi, rispettivamente quello a-sociale e quello anti-sociale: adottiamo ogni misura verbale e non verbale per non far avvicinare nessuno a noi, dal distogliere lo sguardo e fissare il finestrino alle cuffie a tutto volume o ci predisponiamo in modo ostile contro chi viola il nostro spazio sbuffando, tirando una gomitata “involontaria” o chiedendo “gentilmente” di alzare il braccio o spostare la borsa, perchè alla fine, “chi ha voglia di condividere in quella ressa e con degli estranei?”.
Imparerete a non diventare assassini professionisti allenandovi a non dare sfogo al lato peggiore di voi, quel lato che tenta, prepotentemente, di emergere ogni qual volta sull’autobus verrete spinti o sul treno vi ritroverete la faccia affianco allo zaino di qualcuno. Allo stesso tempo imparerete a non percepire ogni difficoltà come insormontabile, e non penserete a voi stessi come vittime, ma imparerete a percepirvi come un Bear Grylls metropolitano.
Non è tempo perso. Possiamo fare una rivalutazione del tempo che abbiamo a disposizione – in base ovviamente a come viaggiamo – e sfruttare quel periodo di transizione massimizzandolo per altri obiettivi.
C’è chi ascolta la musica per distrarsi, chi legge un libro per immergersi nella propria bolla intellettuale o fantastica, chi sfrutta il tempo per chiamare amici e parenti, chi ne approfitta per studiare con audio o appunti.
Prova a pianificare come spendere il tuo tempo a disposizione. Rendi le ore del viaggio, in qualche modo, piacevoli e utili.
Rendere questo viaggio come un appunto da raccontare e viverlo in modo più ironico è un’ottima alternativa. Certo, dipende dall’umore, dalla giornata e dal meteo, ma nessuno ti vieta di farti una risata quando sei appiccicato a qualcuno o di scambiare occhiate e chiacchiere di comprensione – invece che di rabbia – con la persona accanto.
Pensa che, in altri paesi del mondo “chiedere un passaggio sul cassone” è normale – vedi America del Sud e i paesi del sud-est asiatico – e ridere, scambiare chiacchiere e scherzare tra passeggeri è il modo comunemente usato per rendere più piacevole il tragitto.
Da non fare in Giappone – o forse sì.
Se sei riuscito a leggere fino a qui senza lanciare fuori dalla finestra il computer o il cellulare, sono certa che potresti mettere in pratica anche le tecniche di meditazione e di rilassamento per ridurre gli effetti fisiologici e psicologici di stress, ansia e frustrazione (trovi gli esercizi nel post sulla gestione degli attacchi di panico in viaggio al punto 2).
Salirai e scenderai dal tuo mezzo, costantemente in overbooking, con un sorriso invidiabile.
Una psicologa con la valigia sempre in mano.
Benvenuti nel blog di Psicologia del viaggio.
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